207 MDXXIII, .MAGGIO. 208 papali e Iralamenli (¡itogli per la moglie dii signor Oratio Buglione in un suo castello nominalo Spello, dove capitorono e lì slcleno un giorno e mezo su grandissimi triumphi e feste, Iratali da Imperatori, come aferma Nicolò Sagudino secretano. Et perchè 113 jnlrorono da sera, ciaschuna fenestra et caxa di le strale dove passorono, imo di tutta la terra, era carga di luminarie, sharamenli di artillarie, ro-chete, fochi artificiati, fontane di vino, archi Iriun-phali, S. Marco per ogni Iodio, per intimo che ’1 fusse, cantar versi in laude di venitiani, fate 3 oratone a li Oratori luculentissime, instrumenli de musichi di qualunque sorte, corlegiamenti di donne et bali, camere tutte adornate, letti suavissimi e perennati; ma tal delicie li costorono care, però che havendo trovato il camino per il.....mietalo li fo necessario pigliar la via di sopra per venire a Sisa per montagne asprissimo, sì di montate come de fangi e in far solum 20 miglia stelero 14 liore a cavallo senza cavar briglia, e convenir smontar in infiniti lochi, nè etiam smontati erano securi de precipito, et li cavalli lo sentirono che ne morse 4 tra li qual una chinea dii Foscari assà gentil, et 12 se ne represe. Hor andono poi lutti proseguendo il viagio fino a Casalnovo mia 14 di qua di Roma, loco sicuro da morbo, et in hostarie di fuora in un bellissimo sito si alirmarono per aspelar lo orator Mocenigo, et zontì loro il Martedì lui gion-se la Domenica. Li oratori di Fiorenza in quel me-zo pasò per li et se ne andorono soto Roma nella vigna di Medici pallazo bellissimo per intrar in Roma manzi li nostri, etspazato a Roma, il Papa ordinò che li nostri oratori intrasseno prima di Fiorentini. Et cussi il Mercore da malina a dì 10 Aprii si aviono a la sfilala a prima porla mia 5 di qua di Roma, spenzendo sempre lui li li cariazi inanzi, el veneno incontra alquanti di nostri di Roma, et fato passar prima li cariazi, se aviono assà disordinatamente, el scontravano per camino vescovi e prelati nostri et domino Alvise Gradenigo orator nostro, et cavalchando per alcuni bèllissimi prati, veneno ad una vigna dii maistro di caxa che fu di papa Leone fuor di Roma mezo miglio, dove tro-vono, poi passali per un bellissimo giardino, una bona et honorevol caxa dove smonlorono, la qual era preparata di tapezarie et panni di seta lulle le camere per lulli dilli Oratori, cadami la sua per potersi spogliar, c ne la salta do bellissime crcden-ciere di arzenti con una tavola caricha de tutti li più nobili refreschamenli che in Roma si potesseno trovare, et vini precisissimi di molte sorte. Tulle ste cose fate far per il Papa, che diede ad ogniuno grandissima meraveglia, perchè non suol far il Papa cussi a nino principe venisse a Roma. Arivono lì a hore 18, e per riposar et mutarsi el refrescharsi consumono due hore. E li Oratori haveano deliberato intrar in veste ducale, lanieri, a persuasione di domino Hironimo Lippomano li exislente et qualche altro, deliberorono di entrar in roboni el quasi in zimarc 11 Dandolo liavia una vesta crespada su le spale e al colar con manege assà large di cenlà di oro lirado, con le manege una in brazo per la briglia, I’ altra fuor di brazo per la barela..... la qual era a opere di fior granati longa in fin al colo dii piedi, fodrata di vari grisi con una grossa cadena sopra e in testa una barda di veludo negro. Domino Alvise Gradenigo liavia una vesta duca! di raso negro fo Irata di dossi. Domino Alvise Mocenigo una veste di allo e basso negro fodrata di raso negro, fata a la foza che porta il Pazeo orator anglico, crespada con un colar dentro alto et largo, manege curie et faldate si da mano come di sopra, e di sopra un saion di veluto violelo. Domino Antonio Jusliniano unorobon con bavaro damaschili cremexin a fiordi. Domino Piero da cha’ da Pexaro una vesta picola curia crespada alla genoese, 1 di veluto negro fodrata di dossi. Domino Mareho Foscari una vesla quasi simile, ma più longa, con le manege suso, fodrata di pelle negra. Smonlorono le scale l’un drieto l’altro, come è scrito, acompagnali dal palriarcha di Aquileia domino Marin Grimaui, da lo arcivescovo di Nichosia fu figliolo dii conte di Pillano di caxa Ursina el assà altri arcivescovi, vescovi, prelati, prolhonotari, il furzo di le terre e lochi nostri, et al Dandolo, benché havesse uno pertelissimo cavallo e tre mulle benissimo guarnite, li fu apresentala una belissirna muda quarnila di veluto negro, * tutto embrochalo d’oro per li agenti dii reverendissimo Cornelio, et sopra quella montò. F.I simile fece il Mocenigo el Jusliniano, che ne haveno do altre non sa de cui. Ussiti dii giardino tutta la fame-glia grossa inanzi, et inanzi a loro 4ó umili di cariazi tulli coperti di scadalo sopra taglialo con le arme di oratori ; poi li genlilhomeni nostri et forestieri per numero 8 che andarono con essi Oratori ; et li nostri erano sier Agustin Foscari di sier Marco, sier Vicenzo Pasqualigo qu. sier Francesco, doi Mali-pieri, zoè sier Marin Malipiero qu. sier Piero et sier Lunardo Malipiero di sier Hironimo, barba et nepote, venuti per andar a Napoli per sue fa-cende, sier Andrea Loredan qu. sier Bernardin, sier Agustin da Pexaro qu. sier Andrea et sier