303 MDXXV, MAGGIO. 304 Da poi disnar, fo Consejo di X con lulle do le Zonte, cazadi li papalisti, et vi fu il Serenissimo per la materia grandissima et de imporlantia, et stete poco; credo prendesseno di venir doman al Pregadi. Item, preseno certa gratia di uno Alexandro Michiel, qual atende a li XV Savii sora le tanse, videlicet .............. Di sier Piero da cha’ da Pexaro procura-tor, proveditòr generai, e\ il Venier, fo lettere da Montudine, di 15, hore 3 di notte. Come il Viceré mandò a chiamarli. I qual venuti a Pizigalon et reduli insieme, li disse, come la Signoria si dovea risolver a darli li ducali 120 mi-lia richiesti, e quesla é la sua resolution, 80 rniiia de praesenti per il bisogno hanno, et 40 rniiia termine 3 mexi. Al che esso Pexaro disse molte parole, justificando la Signoria nostra. El Viceré disse : « So quello volete far; lenir la cosa in longo e non dar li danari, come havele falo a l’Ar-chiduca. Se non li darele, l’Archiduca vi romperà guerra, et chiamandomi in suo aiuto non poro far di men, et rompendovi guerra, vi farò pezo a vui, che non ho fatto al re di Franza ». El Pexaro disse non credeva lusse la mente di Cesare; che se’l fosse di qua non domauderia danari; coi» altre parole. E come si nominava Cesare, loro venivano rossi. Scrive, aricorda, non volendo asentir che dicesse voler remeter quesla cosa a Cesare, saria ben assai. Nota. Questo sumario ho scritto di sopra. Di Crema, dì sier Zuan Moro podestà et capitanio, di 16, hore 12. Come in quella mattina è venuto lì in Crema il conte di San Polo ; et per quello ha dillo li soi servitori, el signor Federico da Bozolo etiam lui beri sera è luzilo di Pavia, et andato a la volta di Po. Et monsignor di San Polo è andato verso Roman. Et che uno ciladino vi-seniino da Tiene, era col signor Federico prexon, etiam lui è fuzito, et altri franzesi ut in litteris. Copia de una lettera di Gasparo Spinelli secretario di l’orator Orio va in Anglia, data a Magonga alti do de Mazo 1525, drízala a Lodovico Spinelli secretario ducale suo fratello. Frater ohservandissime. Da Augusta, per mano de mercadanti di quel luoco vi scrissi il camino per noi tenuto el allon- gaio per sfuggir li tumulti rusticani, che ad Chempt, Momingen et altri lungi erano grandissimi, et de-flexo dal drito camino, eramo pervenuti ad quella nobilissima cillà,.........dove il giorno sequente sopragionse lo exercito di villani di 12 milia et più fanti, et presa una abbatia vicina a le muraglie, mandorno a dimandar la terra, la qual, perché è franca et in la liga sveva, si era assai op-portunemente preparata per defendersi, oltre che da la città di Olmo eravi slà mandata una banda de lanzchenech, essendo così obligali l’uno a 1’ altro in simil casi. Per la qual nova, dato uno grande alarme, si cominciò utrimque ad tirar artegliarie; ma quelli di la terra incessantemente tiravano. A noi fu ingioilo che per niun modo dovessimo uscir della hostaria. Ritrovandosi in tal rumore et così imminente pericolo, come ad ciascun de noi battesse il core non ve lo explicherò, perchè non dubito che da voi medesmi oplimamenle lo comprenderete, considerando noi esser in luoco exlraneo dove non intendevemo nè eramo inlesi, assaliti da populi elie-racissimi et sanguinarli. Questo occorse al mezzogiorno, il dì preciso di San Marco, 25 Aprii. La guardia si fece grandissima per ogni canto della città, et certo che la prompteza del populo ad pigliar l’arme in inano et provision che si feceno ne diede non poca speranza che l’havesseno ad conservare segondo li successe, però che, vedendo li inimici la cita et di bon numero de artegliarie el di genie esser munita, la notte si levorno et preseno il camino verso Olmo, per congiongersi forse con un altro exercilo di forse 20 milia et più. Come dormissemo la notte non ve lo dico, perchè io per me non mancai di pensar et exagilar con che modo se havessemo possuli servare perdendosi la cilà ; et 199' ninno mi occoreva, perchè ussir non si potea. El in ogni canto per il paese di villani si erano sublevali, salvo star ne 1’ hoslaria a discretione de indiscréti. Idio sia laudato che la cosa successe bene. L’ altro giorno, il clarissimo Orator deliberò partir, et perchè si erano posti sopra il drillo camino con . . . ., sua magnilicenlia fu costretta passar per il marchesato di Bada, et per loca invia per venir ad una cita ditta Sforza principal di quel marchesato, da la qual se ne era fugito il Marchese, perchè la sera che noi amavamo dovea venir alla obsidione uno altro grosso exercilo de villani ; il che intendendo noi, ne fece assai turbare et parevane esser inlrali de padella in foco. Quelli de la terra non mancorno farne a saper che non eramo securi, et che meglio era che se ne andassemo ; il che era poenitus im-