109 MCCCCCIU, ottcJbre. 170 cora risolti, dicendo il signor Julio, eh’ è un tradi-tor, à fato questo acordo, e credeva suo fratello non aceteria, e che lui si voleva partir di Monte Zordano. Dii ditto, di 10. Dii venir a Roma di domino Ilanuibal Benlivoi fio di missier Zuane, a far rive-rcntia al papa, qual à ’uto audientia, e si à dolio, da poi ralegralosi di la crealione, de li brevi fati in favor di Valentino, che li tien Castel Bolognese contra ogni raxon. 11 papa si scusò, come etiam fece a li do cardinali Vincula e San Zorzi, dicendo era stà circonvenuto. Et ditto domino Hannibal andoe da li * prelati cardinali, e insieme tonno uniti a questo. Item, che ozi, dubitando il ducha Valentino dii signor Bortolo d'Alviano, à fato far stechati al suo palazo, postovi artelarie, e fa quanta zente el poi, e tuta la note è stalo in arme. Item, esso orator ozi non ha potuto aver audientia, perchè fonno tanti cardinali hanno voluto audientia per gratie. Dii ditto, di 10. Come el Cardinal San Piero ' in Vincula li ha ditto che Roan voria li renonciase la legation di Avignon in cambio di la legation di Bologna ; et che poi voria che ’l Cardinal Ascanio li renonciasse il vescoa’ di Cremona, et esso Ascanio havesse ditta legation di Bologna, però volea saper il voler di la Signoria. Li rispose scriveria ; ma che sapeva ben era stà electo per la Signoria nostra et nominato episcopo di Cremona il reverendo abate di Borgognoni. Item', ha parlato a quel domino Vi-cenzo Frixo dolor, avochato concislorial, ritornato di Perosa, acciò el veiigi a lezer a Padoa. Disse non sapeva risponder senza licentia dii papa, e volea do zorni di rispeto ; e dii salario faria quanto fusse il voler di la Signoria nostra. Dii ditto, di 10, hore 10 di note, manu propria. Come in quella bora erano venuti a Roma el a trovarlo il signor Bortolo d’Alviano e Zuan Paulo Bajon incogniti, dicendoli erano venuti a Roma et a trovarlo per aver il ducha Valentino in le man, e sperava averlo s’il non si salvasse in castello; et che ’l favor li dava il papa feva mormorar tutti. Poi disse la Signoria si doveva risolver a dirli il voler suo ; et che è ricerchato e da’ spagnoli e da’ franzesi con largi partiti e da non rifiutare, e sopra zio disse molto ; et che la Signoria li parlasse liberamente, che tanto faria, perchè voi viver e morir schiavo di la Signoria nostra ; e che bisogna prender partito ; e disse li saria meglio con francesi per il favor hanno de li stati propinqui a la sua factione : pur aspeteria risposta. L’orator li rispose saviamente, e lui disse : « Non ve intendo, parlale chiaro, perchè non voria l Diarii di M Sanlto. — Tutu. V. poi si dicesse lo danno ». E sopra zìo scrive colo-quii abuti. Di Ravena, di rectori e proveditor, di 12. Mandano una deposition di Jacomo Sacho venuto lì ; el che le noslre zente aiozale su quel territorio fanno assa’ danni; saria ben farle venir in la terra. Item, mandano uno capitolo auto di Zervia dal colatcral zeneral, che par che sier Lunardo Donado camerlengo e saliner lì babbi*ditto, che al Porto Cesenalieho saria bon comprar sali, si vendeno per 4 soldi il sacho, che saria gran utele a la Signoria a comprarlo e si sparagnerà la spesa. Deposition di Jacomo Sacho a li rectori di Ravena e proveditor. Come era venuto lì da parte dii ducha di Urbin, eh’ è a Santo Archanzolo; qual dice tulo lo aquistato e quello aquisterà voi sia di la Signoria nostra, però voria far levar San Marco a li castelli presi, videlicet Santo Archanzolo, Veruchio, Savignano, tìalheo, Porto Cesenalieho, Lonzano, Bor-goderexano, la Scorlichara, Ronchofredo et Monte Gelino ; e che il campo suo è a Cesena, capo domino Octaviano suo nepote. A uno falcon et qualro sacri e trazeno a la terra ; fanno gran danni ; è alozali a Santa Maria in Monte; e dice, benché il papa e cardinali li habi scrito toy a nome di la Chiesia, lui voi luorli 83 per la Signoria nostra, di la qual èservitor, dicendo esso Jacomo : « questi lochi è il zardiu di Venezia e fa mollo a proposito averli ». Et che cri veneno la malina fuori di Cesena al ducha 3 oratori, videlicet Nicolò de Maxino, Piero Antonio de Forlimpuovo-lo, et Antonio di Roseto a dimandarli perchè voleva Cesena ; e li rispose volea come lerra dii suo inimico. E tornati' in la terra, vene poi a hore 18 Piero Antonio predilo fuori a dir come erano re-duti li ciladini in chiesia a Santo Augustino ; e che vene fuora di la Murata il presidente con 300 fanti e li citadini dubilono esser retenuti, e li disseno che non si rendeseno ni a la Chiesia ni ad altri, ma si tengino per il ducha. E inteso questo, il ducha di Urbin comandò che li fosse dato il guasto e l’arlilarie non cessasseno. Item, dice di do altri citadini, videlicet conte Zuane di Saloni et domino Oddo Antonio dotor, quali erano venuti a parlar al ducha, e si dariano a la Signoria nostra, ma non voleno che domino Palmerio entri, perché l'aria danni assai a la parte contraria. Item, dice esso Jacomo, che nel venir qui si scontrò in uno dice à vi ito fuogi a Cesena. Item, che di Rimano il ducha farà ; e che di Forlimpuovolo lasserà far a Meleagro condutier nostro, e a missier Brunoro. Item, il suo conte di Sojano voria certe cosse belliche a conio di la sua 1-2