615 MDXX, GIUGNO. 616 fino a l’altra imboscata grossa, cum desegno di trovar dicti nostri desordenali in la pallida et darli drente; che è stato miraeulo come non li sia reu-scito tal deseguo per lo podio ordene et gran presumer de li nostri, de li quali in dido contlicto sono morti da cento de li meglio et feriti altretanti. Fra li quali morti è stato Cesare Capece, uno ne-pole de don Ugo, Luyse Baldassino, da sepie capitami spagnoli homeni da ben. Il signor don Ugo è ferito in lo brazo da uno saxo, et lo signor Joan-turco Crivello in la cossa è ferito, et li hanno morto lo cavalo solo; ma esso signor Joanlurco non ha male d’alcuno momento. Il dì seguente, havendo el signor don Hugo posto ducente homeni d’arme spagnoli a guardare uno certo passo, venero ad investirli da trenta o quaranta cavali de’ arabi el li po-seno in rotta, che fu la maggior vergogna del mondo, el li seguilorono fino al mar, donde le galere el quelli del campo tirorno l’artelaria et amazorno tre homeni d’arme de li nostri, el li mori piglior-ne presone el capilanio de’ ditti cavali. De la qual cosa sdegnalo, el signor don Ugo aveva levali li cavali a quelli homeni d’arme et donatili a certi tanti, aclo podio al proposito de questa impresa, quale bisogna podio de divisione. La gente ha porlato lo dillo signor don Ugo non amavano a sei milia fanti 356 et oclocenlo cinquanta cavali, banda poco suficiente a quella impresa; ma la......de templar la fortuna quovis modo, à facto laser el bisoguo de quella impresa, lenendo per certo che, havendo domandato major quantità de gente, per non spender ha-veriano più presto voluto inanellar de la ditta impresa ; et che non era al proposito di chi desiderava rumar il mondo più presto che restar con desfavor. El però il signor don Ugo, come prudente, non volo venir a giornata con li mori per non poner quella gente in perdilione, ma atende a fortificarse vicino al mar con gran fossi et bastioni, sperando che li mori per vera necessità se debino rendere inlerca aspedar lo socorso che l’ha domandalo de Ire milia fanti el ducenlo homeni d’arme e quattro galere; al che vedo mala previsione, perchè le galere che ha domandà apeua sono imposte in lo arsenale, el de lutto bisogna consultar con la Cesarea Majestà, per modo che, concludo, se presto non se li va socorso, la opinione de li sopra-dicti venuti et de chi ne intende ben el parlicular del dito esercito, molto mal prevede de’ nostri, causa che solo hanno biscolo et acqua con molti amalati e che didi nostri non si possono tener de quella impresa senza gran danno e con poco honor, per- chè già hanno perduto lo animo el la reputatone, el ancora coreno pericolo che andando la cosa in longo, non pensino li altri mori convicini, maxime el re de Tunisi, soccorer a li loro maomettani italiani et far opera che '1 Gran Turco diverta la sua armala a quella impresa. Maxime, che per letere de Levante, da Syo, de 22 di passalo, avisano come il prelato Turcho havia expedita una potentissima armala de trecento vele, quale expeclavano de dì in dì in diete Iodio di Syo con gran tremor, benché siano feudatari seu tributarti de epso Turcho; in però è mala cesa star a deseretione de’ cani senza fede, nè pietà. E la fama era che dieta armata andava conira Rhodi, ovvero conlra Cypri, in però se non fussero vere quelle novità de Seria el Egy-pto con el Sophì, il dubiteria assai che dito Turche potesse sleuderse a la liberatone de le Gerbe ; el se per mala sorte superasse l'armata nostra, con quel favor et impelu l'aria uno bel traete al regno de Cecilia, se ’I Nostro Signor Dio non li leva le forze e 10 inteledo. Neapoli, 26 Mai 1520. Sumario di la letera di sier Antonio Justinian 357f) dolor, orator nostro in Trama, data a dì primo Zv/jno a Lix. Cerne la Chrislianissima Majesla slava in qualche dubio si lo abochamento dii Serenissimo re di An-glia con Soa Majestà avesse a seguir, avendo prima quella Majestà parlalo a la Cesarea Majestà. Ilor havendo a dì 30 Mazo la Cesarea Majestà conciatosi con quel Serenissimo re anglico et venula a Santuzi, dove era la sua armala, per montar suso e passar in Fiandra, et cussi monloe. Da poi, la sera, la Majestà di Anglia zonta a Dobla, eri, che fo l’ultime dii me-xe, se imbarchò e passò a Cales con la Serenissima Regina, et alozoe a quel suo loco de Adre. Poi questa malina l’orator di diio Re vene a visitar questo Christianissimo re e dirli il passar; e come el reverendissimo Eboracense veria a visitar questa Majestà; 11 che, poi pranzo, si avioe e il re Christianissimo lo mandò ad incontrar fino a Cales monsignor l’Armi-rajo et monsignor di Lescu ; poi meza liga lenlan de qui andò l’illustrissimo duca di Lanson euguato dii Re, et il duca di Barbon el monsignor di Vaudomo, lulti di sangue regio, con altri zenlilhomeni e arzieri. Pei a la porla de questo loco andò il Cristianissimo re solo a cavalo sopra una mula et alcuni arzieri a 1) La carta 356* è bianca.