187 MDXX, GENNAIO. 188 li potrò aver li manderò a vostra signoria. Cussi cammando avanti in belissimo ordene, dando monsignor la beneditene, tutte le strade erano aparate, et grandissima multitudine di zente per tutto, quale se inzenochiavano et ringratiavano la Santità del Nostro Signor, la qual si è degnala a conceder questa indulgenza plenaria in questo zorno; et che questa era vera indulgente et vero tesauro di la Santa Chiesia, perchè Sua Santità non costrengeva a pagar cosa alcuna. Cussi caminando, arivasemo a la porla Peza, dove Irovasemo uno archo triunlal, molli versi, et Irate molle arlelarie. Cussi pasando avanti, arivasemo, a la piaza grande et li magnifici retori havea falò uno arco triunfal sopra il quale stava una musicha di voce vive et de instrumenti, et forno recitali molti versi, et era piena la piaza de 102' zente, perchè erano venuti da ogni banda per la in-dulgentia. Et sopra le fenestre stavano di bele ma-done et benissimo veslide di oro et di arzento, Ira le quale c’era la mia signora, che facea lucer tuta la piaza, ancor che continue fiochase, et alegravano luto il mondo pensante conio mi trovava et trovo felice. Vene, cussi pasando, avanti verso la chiesia di Santo Alexandro magior el arivasemo a la caxa d’ uno canonico, domino pre’ Louise Vianova, et lì Irovasemo uno arco trionfai con Santo Alexandro, Santo Narno et Santo Viator episcopi. Recitati alcuni versi literali ad invicem; l’uno el l’altro, li corpi di quali Santi sono in Santo Alexandro, ut supra. Pasando più avanti a una fonte che si adimanda Saliente, lì Irovasemo uno altro arco triunfale dove fu riccilati molli versi. Pasando più avanti, rivasemo a la caxa del reverendo vicario di monsignor nostro Lorenzo dì Mafei canonico di Bergamo, et lì Irovasemo uno arco triunfale con la istoria di Santa Isteria et Santa Grata, il corpo di la qual Santa Esteria et dito ne la chiesia di Santo Alexandro, et lì furono recitali molti versi, trate di molte arlelarie, et fate musiche et molle alice cose, Ira le qual v’era una fonte che butava vino molto buono alto più che uno homo sopra la lera. Pasando più avanti, rivasemo a la chiesia di Santo Alexandro magior, qual era tuia aparala de lapezarie con 3 sedie ornale di brocato, una drelo l’altare, dove si piglia il possesso, una allra a cornu E'vangcìii altaris, el una altra in mezo la chiesia dove se dovea far il sermone; ma non fu fato alora per l’angustia di tempo, che già era hore 24 sonate. Et di sopra il cielo de dita giesia, tutto era sofìtato di pani bianchi e rosi a la livrea nostra con più fioroni tagliali di carta et altre mille bele cose vaglie da vedere, che non hanno a far con li vostri consìeri de Venetia, che se chiamano beli ornamenti. Cussi monsignor smontò lì, et il baldachino dove sua signoria era soto, fu tolto da li gioveni che non aspetorno che se andasse a Santo Vineentio. Et a ciò sapia vostra signoria, benché sii uno capitolo solo li canonici da Bergamo, sono però 103 due chiesie cathedra!, et prima se va a Santo Alexandro, poi a Santo Vicentio; sìchè smontato fece le cerimonie sopra la porla. Poi condulo a l’altare, fece la oralione et dete la beneditene con tanta gratta el con cusì viva voce, che ’1 parve uno cerimoniatissimo antiquo prelato, et fece meraveglia a tuli; tanto dise breve. Et benché fusse già obscliuro ci erano tante torce che pareva de mezo giorno. El cusì tornò montar a cavallo, et venissimo a Santo Vineentio ecclesia etìam major di Bergomo. Et zonti lì, smontati se mirò in giesia; quale di fora a le porle c’era un aparato non più veduto già molti anni. Intra ti dentro, c’era uno aparalo di tapezarie, brocati et allri pani de seda pur et le sedie al modo dì Santo Alexandro, con molle luminarie et cose bele di certi fochi che non vi si potria scriver; ma tutta la chiesia era sofì-lata pur a la nostra livrea ; ma era lulla a quadreli, che era belissimo veder; et molte arlelarie forno tirale, campane, cridari « Lipomano, Lipoinano » et più sonatori, et lì si fece le medeme cerimonie. Ussiti fuori di la chiesia dì Santo Vicentio, eh’ è apresso lo episcopato, intrò sua signoria dentro nel palazo acompagnalo da tutti quelli signori canonici, rectori, zentilhomeni et tuli doctori, tuli aspersi per el tempo che continuo nevegò, et verso la sera si convertite in aqua, in segnale che Idio ce la dete ancora a noi et more suce ienedictionis, acciochù non ce mancasse niente. Et cussi pigliorno sua signoria licentia da tutti, rengratiando le lor signorie et magnificenlie de le lor fatiche, et tuli andorno a caxa loro, perchè erano stanchi et molti consumali per l’aqua. Et questo quanto a la intrata il zorno di Venere; et chi volesse dir tulo, saria mollo longì. El sequente zorno, che fu Sabalo, vene tuta la cita 103* de ordene in ordene a ralegrarsi. Et cussi li signori retori restorono a pranso con monsignor, con cerli altri zentilhomeni et cavalieri. Da poi el pranso, venero li reverendi canonici et antiani di la comunita-de, et l’una parte et l’altra volea la messa per far il sermone per l’una et l’altra parte, cioè per il zorno sequente, che era la Domenega. Et sopra questo fu fate molte disputatone, el non fu mai remedio a acordar la cosa altramente se non in questo modo, che la matina se cantasse la messa dii Spirilo Salilo in Santo Vineentio alquanto per tempo senza ser-