233 .MDXXI, DICEMBRE. 234 A tergo : Excel lentissimo domino ac Serenissimo Principi, amico nostro carissimo, domino Antonio Grirnani Venetiarum Duci inclyto. Episcopi, Presbiteri et Diaconi, Sauclu: Romanie Ecclesise Cardinales. ICO Copia di una ìctcra venuta di Roma, data a dì 5 Dezenibrio 1521, serita per Hironimo Ronfio a suo tarla. El Ponlifìce, tessendo Dominica, che fo a di 24 dii passalo, a la Magliana, hebbe la nova di l’aquislo de Milano, et per alegreza quella sera cenò poco, la nolte non dormì. 11 Luni, a dì 25, vene a Roma da poi manzare, e per la via sentì fredo, talmente che camino alquanto a piedi fin se scaldò. Slele lutto quel giorno in piaceri; fono falli fochi peralegreza; cenò; la note hebbe inquietissima. Il Marti si levò, el vestito sentì freddo. Si puose al letto, li vene ealdo assai fin a hore sie di note. Il Mercore simelmente hebbe febre, la qual pospose più di tre hore, in modo che li medici judicono esser stata eflìmera el che non dovesse più tornar la febre : li deteno da mangiare. Subilo havuto il cibo, li saltò la febre; la noie fu inquietissima; il Zobia fo il simile, cussi il Venere, non hebbe mai accidente alcuno, salvo un poco di doglia di lesta, el nel principio del fredo vomitava llegma assai. Il Venere li deteno un serviciale, che altro prima non li haveano fato, tanto poco stimavano il male ; li vene una ambascia picola, però fo judicato esser stato causa il serviciale. Sabato li deteno una dragma de aloe lavalo, el qualro hore da poi li deteno la manna. Questa medisina podio lo mosse ; li vene la febre zercha a hore 23 con fredo sempre, poi nel caldo. Circa hore 6 li vene uno accidente, che durò circa due hore, che mai parlò, nè mai li trovono polso. Li medici, uscito di quello accidente, in declinatione de la febre lo cibono ; dormite quietamente. La Dominicha matina lo Irovono, dicono, senza febre; mangiò, siete di bona voglia, parlava mollo et di piacevoleze. Sua Santità se aveva confessalo il Venere, quando ebbe il primo addente, da poi il serviciale ; siete di bona voglia tuta Dominicha fin hore 2 di noie fo a di primo di questo, a la qual hora li pigliò la febre con grandissimo fredo, el si perse molto in quel fredo, li vene uno sonno grandissimo; passato etiam il fredo li continuò il sonno; parlò poco. Verso hore sei li vene lo accidente solilo, lo quale li durò finché morse, che fo a hore 7 e un quarto. Requiescat in pace. Fin bora in Roma non è seguito scandalo alcun di momento. Li corsi di Trastevere tentono sachizar li zudei ; a Piaza judea sono morii credo qualro et non feceno danno alcuno. Una corlesana fo sachizala el un spadaro, et morti doi zaffi. Fin bora altro scandolo non zè, ognuno lavora ; vero che le botege non stanno tulle aperte, nè fanno la mostra de le robe sue come sogliono; ma tengono le |>orle aiierle e dentro lavorano. Se ha dito ozi che è slà morto uno episcopo de uno schioppo ; non so se serà vero. Se dice aveva rissa con Ursini. Ogniuno porta arme. Sono venuti più di cinquanta inilia homeni in Roma da novo. Verrà questa sera il signor Camillo Orsino in Roma el il signor Renzo; non si teme nè si pensa vogliano far male alcuno. Questa sera si aspela il reverendissimo Voliera ; alcuno cardinale ancora è venuto di quelli erano fora, nè il Cortona. Si aspeta il reverendissimo Medici, et si judica che lui sarà Papa. Si levò fama che ’1 Pontefice era stato avelenalo, ' el fo incolpalo il marchexe Bernardo Malaspina ; et beri matina, che lui era ito fora a la vigna de’ Medici a piedi, vero che haveva un servilor con il cavallo, ritornandosi con il cavallo a Roma a piedi fo piglia- lo. Vero che quando vide venire qualro armati a cavallo corendo, lui montò a cavallo et li aspellò et pose mano a la spada, perchè il capo di quelli era suo inimico; ma quando li disse per parte del Cole-gio che riponesse la spada che era suo prigione, ub-bedite ; fu posto in Caslelo. Ogniuno judica che sia in erorc. Quelli clic lo examinano sono li reverendissimi Monte, Siena, Picolomini el. .. Loro non lo hanno fatto prendere. Il conte Hanibale Rangon lo mandò a pigliare, perchè li fo dillo che fuziva; se non liarà fallito, non li mancherano amici. Vien dito che fra il conte Hanibal et lui Marchese è qualche inimicitia. Non si sa cerio che ’1 Pontefice sia morto da veneno ; fo aperto. Maistro Ferando judica sia sialo venenato; alcuno de li altri non è di questa opinione. Maistro Severino clic lo vide aprire, dice che non è venenato. Il Speron e maislro Arcaugdo mai judicono fosse veneno ; ma alcuno, di loro uon fono a vederlo aprire. Fin qui Siena non fa mossa alcuna, nè Fiorenza, nè se ne parla, nè se dubita. Dio facia che le cosse vadano pacifiche ! Doman si cominciano le esequie ; vi darò aviso di giorno in giorno di quanto saperò. Ogni zorno li reverendissimi Girdinali vano in palazo, fanno li soi parlamenti, tulli vanno benissimo accompagnati, ognuno dice la sua. Staremo a vedere. Di Roma, el dì 5 Decembre 1521. UmONIMUS.