173 MDXVIH, OTTOBRE. 174 Ihomeni, cavalieri e signori englesi vestili sompluo-sissimamenlc, sopra cavali belissiini con catene bele. Poi veneno li 4 oralori scompagnali da gran perso-nagi de questo regno ; poi veneno 30 scozesi di la guarda dii re Christianissimo a cavalo, acompagnati da 30 de la guarda di questa Maestà; poi li ragazi de li zentilhomeni francesi el altri. Poi zercha 400 cavali englesi. II numero de li cavali francesi, si dice, erano 700, et più di altrelanti erano de’ englesi, che insieme enlrorono. Fu uno bello speetaculo, richi el bravamente vestili. A dì 25, l’Oralor nostro venelo visitò l’Armiraglio, e lui secretario fo l’interpelre, cl qual dimandò come si portava il magnifico domino Andrea Grili; rispose era sano. Era tra li altri uno nominato monsignor de la Mota et il conte Hugo di Pepoli venuti con li dilli oratori. L’Orator nostro fu optime racollo da monsignor l’Armirajo, qual è zentil signor, e tutto italianalo. A di 26, li diti Oratori furono a la corte a Granuzi a l’audientia dal He, et l’Oralor nostro fo invitato; i quali veneno ricamente vestiti con saghi d’oro strataiati al modo francese, che fu un bel veder, et ne la corle di questa Maestà erano più di 400 fra zentilhomeni, cavalieri e signori vestili di bellissime robe di seta et oro, con catene de inusitata grandeza et groseza. Questa Maestà sedeva in capo di una sala richissirnamenle vestita, meglio che mai la vide; a dextris li reverendissimi legati Eboracense et Campegio cardenali. Con quel ordine quando vene esso reverendissimo Campegio, entrarono in dita sala dilli zentilhomeni francesi, et si poseno in ordene; dricto a le banche sen-lava li gran personagi di questo regno; poi li oratori. Forano essi oratori abrazati afectuosamente dal He et posti a sedere in faza sua. E facto silentio, el reverendo episcopo Parisiense ebbe una oratione latina elegante et gravemente’recitata. Poi il Re li fece risponder per il reverendo Eliense primo secretario, che a la prima proposition de pace confirmada ' li sarìa data grata risposta, et de nuptiis etiam li daria gratissima. Poi levalo il Re in piedi, fece chiamar a sì tulli li zentilhomeni francesi a uno a uno, e li abrazó con grande umanità; erano assai! Fu occupata in tal acoglientie più di un quarto di bora. Poi il Re si lirò in una camera più secreta col cardenal Eboracense e li 4 oratori, et l’orator nostro con li altri tornorono a caxa. A dì 29, li predicti oratori iterimi forano a la corle, e li (o facto uno solene bancheto; e cussi poi li fece dito cardenal Eboracense uno altro; sichè vieneno molto onorali, più mai niun altro sia stalo in quel regno. Questi oratori et zentilhomeni francesi ogni zorno si mu- tano de diversi abiti slratagliati et sompluosi, per modo che fanno stupir ogniuno, et se ne vanno a schiere per Londra sopra le sue mulete, cossa non usitata per englesi ; non parelio corlesani, ma oratori. Dominicha si publicherà la pace, clic sarà a dì 3. Letera dii ditto, di 10 Octubrio. Come a dì 3, Domenega, reduli li signori et cavalieri englesi ad uno palazo et li oratori, dove era il Re, et distante miglio uno di la c.hiesia calhedral di San Polo, et da zerca 1000 cavali recluti, tutti richissimamente vestiti eie. Poi, la sera, al bancheto, dove veneno li 12 vestiti da ninfe; poi baialo, zugono al joco englese nominato Emumo, et poi meza note, partiti tulli, etiam il Re rimase a jocar di bello con alcuni francesi. Poi, a dì 5, ditti oratori andono a Granuzi, bore 4 avanti mezo zorno, per far le spon-salitie di la illustrissima principessa Maria. E reduti in una sala, fu fata la terza oratione de laudibus matrimonio per il più docto di Anglia, domino GilbertoTumstallo del conseglio regio; e dita fiola era in brazo di la sua bayla apresso la Serenissima Regina madre. Scrive, la sera di 5, olirà il pran-so regio, etiam fu fato la cena e baiato assai, adeo si andò a dormir Ire bore poi meza noie; et cussi furono finiti questi spectaculi. A dì 13, partirano dicti oralori per ritornar in Franza. Et per il Re li è sta fato bellissimi presenti, come è scripto in letere publice, e a monsignor l’Armirajo una vesta d’oro fodrata d’arzento, di gran valuta, olirà quello è scrito; a qua irò camerieri dii re Christianissimo arzenti per valuta di scudi 500 per uno eie.: a monsignor di Santa Mema, uno di li diti di la camera mollo compagnon e favorito dii re Christianissimo, il Re li donò una vesta più di altri, qual era de restagno d’oro, fodrala di restagno d’arzento e l’oro di sopra lutto stralagliato con una fodra de martori bellissima. E il modo ge la donò fu, che il primo zorno che si giostrò, la Maestà dii Re era in una galeria con tulli li oralori, et havea dita vesta indosso ; dillo monsignor di Santa Marna burlava con il He di molte cosse per esser facetissimo. Tra le altre cosse, disse : « Scire, mai vidi vesta che più mi piacese di questa che Vostra Maestà veste al presente ». Rispose el Re: «Credeti, monsignor, che la vi slaria ben? » Disse lui : « Bisognerebbe che la provasse». Et cussi questa Maestà si dispogliò la vesta et lui si vestì con quella et disse: « Scire, mai ebbi vesta che mi stesse meglio ». E il Re li disse: « La è vostra », et mandò per un’ altra, e lui la portò tutla quella malina ; la qual vai ducali 1000. Scrive, il presente à falò questo Re a li Oratori et altri