553 MDXVUI, dicembre. 254 tentino et di la duchessa di Ferrara. El quella notte mi trovai in loco donde odii gridar la parte al modo romanescho, con queste formali parole: « Messer Paolo ! fate la parte, che l’è morta madonna Van-itozza madre dii duca di Candia ». È di la compagnia dii Coniatone ; si sepelisse a Santa Maria dii Popolo; et fu sepelita cum pompa pare quasi ad uno carde-naie. Era donna di 6tì anni, et ha lassata tuttala sua roba, che non era poca, a San Gianni Lalerano. Furono a le essequie gli cubiculari dii Papa, che non soleno gir ad alcuno. Son stato ad un paio di nozze romanesche, ove ho osservato le cerimonie che hora vi dinoterò. La sposa, vestita honoratissimamente et ben fornita sopra tutto di gemme et perle, fu condotta a la casa dii sposo sopra la chinea dii Papa bianchissima quanto neve, et con gli fornimenti precisissimi come se ’1 Papa 1’ havesse a cavalcare, da forsi cento et cinquanta suo’ parenti et amici ben vestiti a cavallo senza donna veruna, nè pur una fanlescha. Avanti di lei erano sei gioveni a cavallo et ben vestiti, con uno zambello, o vogliamo dire al modo nostro, bozzolaio, impeverato, per uno tanto grande che lo portavano cinto sopra la spalla destra et sotto il brazzo sinistro. A la porta di la casa dii sposo, ri-ceveneno la sposa, il sposo con gli parenti et amici suoi. Et dismontala la sposa, il mastro di stalla dii Papa se ne menava via la chinea, apresentalo di uno ducato, una scatola di confetti, et uno di quelli zarn-belli. 11 compare di l’anello apresenlò a la sposa una tazza di mele, et di quello con uno cuchiaro ne porge a lei et al sposo, et segondo il gustar di l’uno et di l'altro, si coniectura la felicità et infelicità di quel matrimonio, cum risa non picole di tutta la brigata; et aziò che la sposa intenda che gli è apparechiata si ben la pena et l’affanno in quel matrimonio, massimamente non servando le legge matrimoniali; come ancora se le fa gustar il mele, mentre la gusta il mele, se le tien sopra la testa una spada ignuda et ben tagliente. Indi condottala sopra la sala di panni di seta et d’oro ornata, al suono di uno tamburro, una arpa et uno cembalo, si incominza a danzare ; le danze sono quasi tutte in forma di balli tondi et riposate. La cena è tanto delicata et copiosa quanto dir si puote; ma a la sposa quasi altro cibo non si mette inanli che le teste degli ucelli el altri animali ue- * cisi ; et avanti paslo se le melte uno pesse ben ap-parechiato el grande, de lo quale però non gusta altro che la testa. Le cerimonie di la notte io le aspetto da voi. La rnalina drieto, se spiegono a la fi-nostra, che è sopra la più corrente strada di la casa, gli lenzuoli ove sono giaciuti 1’ uno et l’altro, se ben fussero machiati dii sangue sparso ne la notturna battaglia, quasi per un tropheo di la expúgnala virginità te etc. In questi giorni passati è stalo deliberato in Concistorio di canonicar dui sancii: l’uno ad instantia dii roy di Pranza et di la Pranza, l’altro ad ¡»Stantia di Firenze. Gli hongari et poloni, che ne rechiedevano dui altri, non hanno ottenuto. Di questi dui si faranno le cerimonie presto; che sarà bellissima cosa da vedere, et grandissima spesa a quelli che hanno instato che siano aggiunti al numero di santi, come quella che è forsi di vinticinque milia ducati. Quello che si santifica a requisitione di la Franza, è uno frale Francisco calavrese, che già 10 over 15 anni è sialo autore di religione di frati Minori in Franza, strettissima sopra ogni altra che si ritrovi hoggidi in terra, che veste panni bigi scuri o vogliamo dir rovani, cum le cappe curie et strette, cum gli piedi scalzi, et non mangiano nè carne nè ovi, et in summa fanno vita durissima, et chiame-rassi san Francesco Picolo a differentia di l’altro da Assisi. Quello che si santifica ad instanlia di fiorentini è l’arcivescovo Antonio, di cui vi scrissi non so che in un’ allra mia letera; l’uno et l’altro ha fatto grandissimi et moltissimi miracoli. Exempìum. 130 Oratori nostro in Curia. Hisce annexse erunt lillerai nostra ad Summum Ponlificem, et ex incluso earurn exemplo, facile cognoscere poterilis summum desiderano, quo tenemur, impelrandi quod in lilteris ipsis attesissime expetimus, pio illustratone sanclissimi viri Laurentii Jusfiniani patriarci!» ohm Yenetia-rum. Ves tra igitur prudenti® filtri t, captata oppor-tunitate, litteras ipsas Beatitudini Pontificiae reve-renler representare nostrdque nomine commodissi-me demonstrare maximam in hac re vini desiderii nostri ; atque adeo supplicare, ut praces nostra tam honestissimaj exaudiantur, siculi de vestra diligenlia, quee in agendis hujusmodi rebus, quas summopere nobis cordis esse noslris, perspicua jam satis est, abunde consecuturos nos confidimus. Neque omit-letis acquirere nobis favorem et studia illorum, et reverendissimorum eardinalium et pralatorum omnium, quorum operam prodesse vobis posse inde-caverilis ad id facilius et certius oplinendum ; quod