MDXVII, FEBBRAIO. 57G presentò li presenti li dete quel Re ni suo partir, qual fo do coppe belle e grande con il coperchio d’arzento dorade pel valor zerca ducali 200, qual lolle fo mandale a salvar in la Procuratia. Veneno poi 4 oratori di la comunità di Brexa, i qual fono: domino Matio Avogaro dotor et ca-valier zentilhomo nostro vestilo di veludo creme-sin a la longa e maneghe slrete, et domino Tbadio da la Molella, zoè da Martinengo, qual sla in questa torà, vestilo di veludo negro, domino Agustin di Cavriol cavalier vestito di veludo crernesin fo-drà di lovi a la longa con una cadena d’oro al collo, et domino Malio Tliiberio dotor vestito damaschili negro a la longa. Et mirali in Colejo con assa' persone che veneno per aldirli, et tochalo la man al Principe tulli qualro, et recevuti con grande aco-glieulie. Poi, venuti a piedi dii tribunal, domino Matio Avogaro fece una oratione vulgar molto longa et bela, prima ralegrandosi di l’aquisto di Verona, laudando molto questa cità e il Principe, dicendo di la fede di quella magnifica comunità, et scusandosi de la dedilione soa quando si dele a’ francesi, dicendo poi con quanto contento ritornò soto il Dominio nostro et recevele il clarissimo Griti. Poi, come quella terra fo sacomanula con gran oci-sion e sangue per le strade, hoineni rosliti vivi et altri vari tormenti dali, sichè quella terra è restata consumpta: poi venuta in man di spagnoli, et li danni palili, denvumsoto la Signoria nostra iterimi tornata. E li ducati 20 mila dati per le spexe a’ francesi; poi altri danari contribuiti et prestati in particulari a la Signoria nostra, scusandosi non poter donar danari, ma dar e prometer una vera e perpetua fede. Poi dimandono 4 cose, qual erano in scritura poste, videlicet la confirmation di soi privilegi, et altre petizion, et dete la'scrilura racoman-dandosi infine a la Signoria. E1 Principe nostro li rispose sapientissimamente a quello haveano exposto, dicendo quella magnifica eilà et fidelissiina sempre ne è stà carissima, et l’havendo conossuta in varie experientie et Dio volesse non fusse seguito quel fo, che saria stà gran beneficio de quella cità, per il danno patito che ne duol assae, etiani nostro ; ma che tulio quello segue è mediante il voler Divino e di tutto si dovemo contentar, perchè quello fa Sua Divina Maestà fa tulo ben aziò si ricognosemo di pechati nostri, e havendo fede in Soa Maestà ; tutto opera poi ne la fin ben, come ha fato in questo Stado, che ben si habi auto in questi anni tanti travagi, sempre si ha auto confidenlia ne l’Eterno Dio, non abandonerà questo Stado, come l’ha fato. Quanto a le soe pe-tition, havemo oplimo animo verso di loro et si vederà. Da Mtlan, di Andrea Bosso secretano, di 7, hore 22. Come eri ave le letere zerca li 1000 sguizari venuti di Trento, passò da la Chiusa, e visti per campagna andar verso Mantoa in favor dii ducha vecliio di Urbin, e andò da monsignor di Lulrech comunicandoli questo. Qual li disse liaver letere di Ferara, è aviso di Imola di Zuan di Sa-xadelo, dito Francesco Maria esser zonlo propinquo a Pexaro et Urbin. Item, ha letere dii Re, di Paris di .... : come il Gran maistro e Rubertet non erano partiti fin l’Imperador non intri prima in Bruxelles. Item, eri vene nova domino Zorzi Sopra-saxo con alcuni soi è andato conira do castelli dii cardena! Sedunense in Valese, di qual ne ha preso uno, et il fradelo dii dito Sedunense è inlralo in l’altro, e sono stali a le mano e quelli dii Sedunense ha auto la pezor. Di Pranza, di l’Orator nostro, date a Paris 324 * a di 7. Come eri, il frate venuto di Boma qui ha inteso esser venuto per alegrarsi con questo Chri-stianissimo re, di la pace fata con l’Imperador. Scrive, el vescovo di Bajus, orator pontifìcio, zoè el Tricarico è stato dal Re, a dirli di certi sguizari venuti per servir il ducha vechio di Urbin, il qual Ducha era stato a Venecia incognito, el che l’andava verso Zenoa, dove se voi imbarcar e inquietar il stado di Urbin, e che la Signoria li dà aiuto soto man, e questo per aver Ravena e Zervia, le qual cosse è contra la confedcration la Signoria à con Sua Maestà, et si la fa senza sua saputa non potea far. A questo il Re se la rise, dicendo quel Ducha voria tornar nel suo stado di Urbin, et non credo di la Signoria, ma son pensate di preti. 11 Papa, teme più di quello li bisogna etc. Item, scrive ozi è intrato qui li do oratori cesarei a hore 22, venuti per veder far il juramento al Re, quali sono monsignor di la Ru, over di la Rosa, che fo presoli a Venecia, et domino Philiberto abate de Ive. Item, scrive come lui Orator è stato a visitation di la illustrissima Madama, ringratiando di quello ha fato il Re suo fiol per la Signoria nostra. Rispose : « 11 Re mio fiol farà mazor operalion per quella Signoria » con altre parole. Item, scrive è zonti li falconi ozi lì, de li qual è morti do, et di questi ne darà 25 al Christianissimo re, poi a li altri juxta le letere nostre. Dii dito, di 28, ivi, Come ha ricevuto letere di la Signoria nostra di 13, con la copia di la letera