327 MDXV, NOVEMBRE. 328 piedi a ragata passavano, talmente che ogniuno fu-ziva. Vedendo tal disordine, mi fu forza abandonar la impresa del combaterli al passo, et venir a passar a sguazo lì propinquo; et passato con el stendardo e le compagnia mia unita et serata, vini verso il signor Marco Antonio Colona qual ancora lui era passato drieto li nostri, dove fui a le man, et rebutandolo al ponte, salvai et recuperai la gente nostra : che tenga per certo la Sublimità Vostra, s’el non fusse stato el passar mio, come è manifesto ad ogni uno, la più parte de le gente nostre sariano perse. El ditto signor Marco Antonio, vedendo nui a le spaile et esser rebatuto, passò et rupe el ponte, et fece quel che lì nostri doveano far. Principe Serenissimo, el caso passò precise a questo modo, et Vostra Sublimità non troverà mai con verità sii altrimenti; et se alcuno per coprir il manchamento suo volesse dir altramente, son per defender 1’ honor mio, non qui ma ancora fina in Tartaria. A Vostra Sublimità humiliter me ricomando. Data Bidisolles, die 24 Novemhris 1515. Servitor Mercurius Bua. 184 Summario di letere di Milan, di sier Zuan Corner di sier Zorsi cavalier procurator, data a dì 25 Novenàrio 1515, dr ivate a sier Marco Contarmi qu. sier Zacaria el cavalier. Bozi sono stali li clarissimi oratori a disnar con la Majeslà dii Re. Li quali, intrati in caxa dove Soa Majestà aloza, intrati in una camera a pe’ pian, zoè terena, da poi stati tutti 4 in una anticamera, torno-rono, dove in mezo questa terena era parechià una tavola largissima, et sedeano el Gran canzelier in testa, el magnifico Grimani da una banda, il Trivisano da l’altra, apreso lui monsignor da la Tramoja,poi il Griti, poi monsignor de la Peliza et domino Sebastiano Contarmi ozi in chiesia dii Domo per man dii Re creato cavalier, et apresso il Grimani. Da l’altra banda sedea il Cornaro, apresso lui monsignor Gran maistro, poi l’orator Pasqualigo, et poi Rubertet. In tavola erano tre tazoni, tanto dorati che pareano d’oro ma erano d’ arzenlo, dentro era biscotelli sodissimi; erano tavajoli con pan tutto scorzado; erano 3 man a doi per filza de pan de semolei tagliato in fete grosse in mezo la tavola, de le qual tutti ne tolea una d’esse per tagliar la carne in loco di taglieri; con li biscotelli era uno vino excellentissimo bianco con zucharo et muschio mescolato. In prima fu posto in tavola uno pastello di carnaza, et li piali erano a un trato con il pastelo certo capon, uno sapor beretin, et certe salzize pur tajate, et ogni cosa da per sè, in tanto che erano 4 piati. Levata questa imbandison, messero poi uno piato de verze, uno piato de manzo uno de vitello, uno de castrato; poi un’altra man de rosto con sapor verde, in piali : era il rosto pavone, fasani, pernice, et altre delicate bestie, quale tordi eie. Venero poi do man de torte, tute a un trato, con uno certo sapor bianco et codognato in pastelo, castagne, formajo, tutto insieme con le torte et li sapori et il pastelo, senza dar però aqua da poi pasto. Da poi disnar, tutli questi signori andono di sopra dove cli’el Re solo in una sua camera havea disnato, che a li oratori dete la compagnia de li sopra nominati signori. Et qui partono forsi una hora con Sua Majestà, soli, in grandissima streteza et con gran domesticheza. El Re poi si partì, e disse: « Voglio andar a la festa » dove anche io da poi scrita questa letera, anderò, che ha uno bancheto in caxa dii conte AlexandroTriulzio, dove Sua Majestà sarà regalmente, et lì sarà le più belle done di la terra, e si farà bella festa, e il Re ballerà. Alcuno di nostri zentilhomeni è stati a veder questo convito perchè non forono invidati; io avi mezo di veder disnar diti oratori. Questa malina, essendo la Majeslà dii Re in chiesia dii Domo, dopo al-dile le sue due messe che si dice ad uno trato, zoè una picola et l’altra in canto, el Re fece chiamar domino Sebastian Contarmi, el qual vene, et inginocchiato, il Re li dete tre bote d’un stocho d’oro su la spalla stancha, et disse : « Esto miles, » et non fo altro, et fo invidato a disnar con li oratori. Et per una altra letera aperta, scrive. Come, 184 * poi il disnar, li oratori andono a parlar al Re in camera, e li disseno quello la Signoria li scrisse de li oratori poloni venuti, et come il Re di romani si lamentava forte di Soa Majestà, menazandolo etc. linde el Re rispose ridando. Da poi che li fo dito la Signoria non li havia ancora risposto, Soa Majeslà disse : « Andaremo a Bologna e lì se adaterà le cosse. » et pur ridendo, disse: « Non vi curate; lasate il cargo a me de le cose voslre, che le porto in capo; de Bre-xa et Verona, non vi curate che 1’ è impresa mia » ; et Soa Majestà sa ben, quando non avessemo queste do terre, non potria tenir el duellato di Milan. E li oratori scrisse questo a la Signoria; sichè certo ha-veremo Verona. E li oratori li dimandono quello che l’havea di le cosse. Sua Majestà disse che l’havia che el Papa voleva far quanto che lui el voleva; e Sua Majestà disse ch’el si aricorderia di chi li havia fato