559 MDXV, AGOSTO. SCO magnificoncie loro la Celsitudine Vostra ne haverà, senza dubio, più distincta et più particulare notilia; al sapientissimo juditio et deliberalione de la qual el tutto è stato remesso. Ma io, con la debita reve-renlia mia, contortola bene voglia ben sopra questa importantissima materia haver, non solamente risiedo al parliculare, ma etiam al comune benefìcio de la impresa, et ricordarsi che se ha a fare con uno 337 He giovane francese potentissimo et victorioso; et ricordisi ancora la Serenila Vostra, che l’ha molti o-muli, li quali farano mal offilio aprcsso Sua Maestà, con dir che tutti fanno et noi starno ad vedere, et più che quelli fanno spontaneamente et nui per obbligo non volemo fare. Iterum, la Serenissima Signoria Vostra ce pensi molto ben, et deliberi quanto a la sua sumrna snpientia par; la quale deliberalione con summo desiderio expectamo, pregandola voglia anche pensar al numero de le gente d’arme, che è de 830 lanze, computale quelli del signor Renzo, et al numero de li fanti che non arivano a 7000, come difusamente ho facto intendere a li clarissimi pro-vedadori. Iterum la Celsitudine Vostra ce pensi, et non resti da far celerima et abondante provisione de denari, con li quali possiamo supplir a questo et a li altri bisogni de l’exercito. Hinc pendent leges, Se haveremo danari, non ce mancharanno homeni d’arme, né fanti, et procedendo avanti, da ogni banda ne verano. Item, la Sublimità Vostra se degni dar ogni modo la paga de panni a le genti d’arme aziò possino comparer, perché tutti sono strazati et è una gran vergogna a vederli ; ma questa provisione voi esser subita et immediata, altramente non sarà in tempo. La Serenità Vostra non manchi dal canto suo, che io ancora non manco dal canto mio de far tutte quelle prò visione che par sono possibile. Ho preveduto de carri et de bovi, et tutti hanno obedito salvo che quelli da Torre da Mosto, li quali, per qualche favor che hanno, sono molto licentiosi, et non temeno alcuno ,linde prego et suplico Vostra Illustrissima Signoria voglia ogni modo provedere che subito, subito mandino para 10 de bovi, che li tocano, con 5 carri et 10 bovari pagati al modo che sono li altri, altramente io mandarò una banda de cavali et faroli obedire, et portar la pena de la insolentia et vilanie loro. Gratie etc. Ex castris ad Abbatiam, XXIII Augusti 1515, liora 24. Lctera dii dito di 23, hore una di note, 337* pur drizata a la Signoria nostra. Serenissime Princeps et Domine, Domine colendissime. Da poi scripte le alligate, è giunto uno nuntio de l’illustrissimo signor ducha de Ferrara con le annexe letere credentiali, et in nome de sua excel-lentia mi ha fatto intendere come l’ad viso certo che ’1 Re Christianissimo marcia avanti, et che sguizari vengono verso Novara, et le genti d’arme del Papa et de’ fiorentini sono come firmate, nè vanno più in diligenti« verso Lombardia come andavano; subiun-gendo che quel medesimo li è stà confirmato da un homo del ducha de Urbino che parte del campo francese, et va in posta a trovar el ditto Ducha con questa nova. Da poi riferite queste nove, esso nuntio, pur in nome del signor ducha de Ferara, a lo illustrissimo signor Teodoro et a me se ha offerto de far tutto quello volemo in servitio de la Maestà Chri-slianissirna, cum dir comandate, che tutto quello potrà far el Ducha non è per mancar de exequirlo ; et altre simile parole. Nui li habiamo risposto che presto, presto siamo per mover questo exercito el proceder avanti, et che sua excellenlia voglia meter ad ordine et le genti sue et vittuaglie de ogni sorte, et che a tempo li faremo intendere quello ne parerà in servitio del Christianissimo Re; el che forse se acco-staremo tanto con il campo, che sua excellentia potrà abocarsi con nui. Al che rispondendo, ditto nuntio disse che esso signor Ducha non desidera altro che esser in coloquio con nui ; et da matina parte per tempo, et con questa risposta nostra torna a Ferara. De li inimici, son certificato che se non domane, senza dubio el sequente giorno partono, perchè lo Imperatore consente el vole ; et che ’1 viceré è ito a Verona, nè ritorna più a Roverchiara dove hora è il campo. Altro non intendo che sia degno de ad viso; de quanto seguirà, la Sublimità Vostra ne haverà notilia. Scrivendo, è arivato el Zoppino de Manlua, ben noto a la Serenità Vostra. È venuto a referir la nova sopradilla, zioè ch’el Re Christianissimo spenge avanti, et che sguizari se retirano verso Novara, et che li cavali lizieri francesi ne hanno amazati molti, che per esser amalati restavano adietro. Mi ha dato lo incluso memoriale, qual dice haveva fato prima che giongeseno le nove predite; altro non riporta, salvo ch’el ducha de Milano è ritirato in la Rocheta per bon rispeclo. Ex castris ad Abbatiam, hora prima noctis.