237 MDXI1I, MAGGIO. 238 qui a consultar la materia, et disse : « Vostra Serenità mi disse di la liga fata a Cambrai contra questo excellentissimo Stado et quello si avesse a far. Li risposi, era gran cossa questi Re collegadi insieme a nostra ruma; ma saria modo a prevalersi, et fo ordinato lo esercito instructissimo di 2000 lanze et 20 milia fanti; et andato in campo fo consultalo quello si avesse a far. lo die èra ultimo a dir 1’ opinione mia, perché voleva aldir mio padre conte di Pitiano, et acciò li condutieri non si a-derisseno a la mia opinione, dissi era di opinion andar su quel de l’inimico avanti zonzesse il Re a Milano, et era gran ben a meter in fuga li inimici e dar cuor a li nostri. 11 conte non fu di opinione, dicendo non li par di principiar, e cussi mis-sier Zorzi Corner et missier Andrea Oriti proveda-dor si lassono intender che questo era il voler dii Senato; unde, visto non poteva far quello era il ben de l’impresa, dissi andemo verso Ponte Molili per aver quei passo, e li feci far uno bastion. In questo mezo, si ave aviso clic i nimiei francesi, quali non erano 800 lanze et 10 milia fanti, erano venuti a Cassano, et io, pur desiderando spingermi avanti, feci tanto che venimo verso Brexa, et fo serilo a Vostra Sublimità l’opinione nostre et maxime la mia di andar contra i nimiei, et ne fo rescrito in campo Ira nui si consultasse il meglio. In questo mezo, si ave la nova che i nimiei aveano preso Trevi, unde dissi al conte non era più di aspetar, e cussi venimo col campo più avanti, et zonse la maestà dii Re in campo, che valse assa’ la sua venuta; et io pur volendo passar, mai non fono di mia opinione : che Dio volesse si avesse facto ! Ilor, de comun concordi si andò a recuperar Trevi, unde usai ogni forzo ch’el non fusse sachizato per non invilir l’esercito, et avi in questo grandissima fatica, et voleva fortificar e munir Brexa e il castello di Cremona, che dii resto poco m’incurava, avendo tanto esercito quanto avevamo. Et reduto il campo nostro lì apresso Ada, dov.e si diceva il Re a Cassan voleva passar di qua, et sapeva non si poi tenir uno exercilo non passi una fiumara longa, et ordinalo li colonelli e tutti, stavamo preparati ; et perchè sapeva di ora in ora li andamenti de’ inimici, e in questo spendeva assai, e vai mollo a un capitanio, «inde intesi a dì .. . Mazo, * come la note francesi passavano di qua, et andai dal signor conte et li dissi si volesse andar a obstarli. Rispose esser note et se indusiase a la matina che poi si consulteria, et io mi disperava. Si era solo, li andava a l’incontro et li rompeva certo. Et pensava dove voleseno andar : si andavano a Cremona, nui li eramo a le spale; a Crema 110 perchè era fortissima et essendo il Re passalo di qua di Ada con l’e-xercito. Io, per inanimar li nostri, li leva scaramuzar insieme ogni zorno, inanimandoli che questo voleva, perché con l’exercito avevamo, sperava indubitata vitoria. Et intesi, per spie che di ora in ora sapeva quello feva li inimici, che voleano andar a luor lo alozamento di Pandin, eh’è silo fortissimo, a star lì, et ne aria tolto la via di le vituarie ; perchè si vernano a Caravazo over a quelli lochi, io era di opinion passar Ada e andar a Milan, ch’è poco forte, et si aria auto. Et in questo, missie'r Zorzi Corner era amalato, et io lo confortai si partisse di campo, perchè non era bisogno di homeni inuteli. Et cussi, a di. . . Mazo, fato consulto col capitanio conte di Pitiano, che io teniva per mio padre, e li altri e con missier Andrea Oriti, fo concluso, levarsi anche nui e per una altra strada di qua di loro, qual era segu-ra, e in mezo di uno fosso andar prima di loro a luor dito alozamento di Pandin ; et con questo pre-suposito, si i nimiei tornerano sono mezo roti ; si vo-rano venir a ìa zornala, etiam sarano roti per il grande exercito avevamo et su l’avantazo, et nui a 1’ alta e loro a la bassa, el conveniano venir per tre vie; sichè ad ogni modo sperava certa vitoria. E cussi, col nome di Dio, quella matina dii zorno infortunato si levatilo etiam nui el loro, e cavalcamo in ordinanza tulli; et come fu l’ora, senti 1’arlelarie trar, e mi fo diio che nostri si erano apizati, zoè lo fantarie di la compagnia di Sachozo di Spoliti, qual era anliguarda. El perchè la compagnia era disordinata,sonono allo per redurla; ma i nimiei, fato allo, mandai a dir al capitanio che stesse in ordine e facesse meter gli cimeli in testa a li homeni d’arme, perchè si era apizati, et io andai avanti a ordinar il fato d’arme. 11 signor conte mandò per mi eh’ io li andasi a parlar ; dissi non era tempo, et era uno mio lontano, che tanto leniva il campo nostro e più; unde convene venir per missier Andrea Oriti e mi 10 forzo lassar, dato bon ordine al conibater, et sopra uno cavalino andar da dito capitanio, el qual era 121 mollo impaurito e il conobi in la ciera. Li fezi animo, dicendo li promcleva indubitata vitoria e atendesse a far l’oficio di bon capitanio, chè l’onor era suo aver roto un re di Franza ; sichè, inteso questo, et eramo zà apizati, disse me ne ho tolto la peliza, a la bona ora sia, et tornai al loco mio. Et avia di mei, nel mio colonello,700 homeni d’arme; ma di questi 400 soli feno fati, come dirò. In questo mezo, vene un grosso squadron di francesi di lanze 800, et zà 11 primo loro squadron era stato roto da li nostri,