543 MDXW, LUGLIO. 544 a Roma el vescovo di Marseia, vien orator di Pranza; ctiam fin zorni 4 sarà el cardinal di Ferara. Scrive il nostro orator Foscari è disperato, non poi cavalcar a corte per esser indisposto, non poi saper di novo si brigala non va da lui, e convien scriver nove di banchi. 11 Papa beva a bore 14, alde messa e dà un poco di audienlia ; da poi disnar, si riposa alquanto, e poi cavalcha a’ zardini al fresco. Item, Tomà Lipomano suo nopote à spazà le bolle di la riserva etc., dii beneficio dii Marzelo di Treviso. Copia di una letera dii reverendissimo cardinal Corner, mandata a la Signoria nostra, et leta ozi in Pregadi. Serenissime Princeps, domine óbservandis-sime. Da certo tempo in qua non ho scripto a Vostra Serenità per non esser bisognalo, trovandosi le cose in assai bon termine, et etimi perchè l’ambasciatore suo qui supliva a quanto era necessario, con cl qual ho sempre comunicato tutto quello me pareva expediente per quella excelsa República. Hora intendendo le cosse essere in qualche travaglio, ho voluto scrivergli quesla per fare mio debito, cimi certificarla che non son mai per mancare de quel offitio, studio, diligentia et opera che sempre in ogni tempo et in ogni fortuna ho usato per beneficio, honore et utile di questa Illustrissima Signoria, come rizerca el debito mio verso la patria, a la quale, di poi Dio, ognuno è precipuamente obligato. Et veramente quando io etiam non fesse nato in Venetia, et che ’1 cessasse * la naturai obligatione, non potria si non essere studiosissimo del bene de dicta excelsa República per ' la universal libertà, comtnodo et tranquillità de Italia. Aduncha in quanto valeranno la auctorità el forze mie non mancarò del debito, exhibendome sempre promptissimo cum amore et fede per servilio de la patria, piacendo a vostra sublimità usare l’opera mia, et dove io cognoscerò possere far eflecto proficuo et honorevole per dieta Illustrissima Signoria. Et quantunque el prefato ambasciatore sia persona curiosissima et facci l’officio suo cum summa diligentia et fede, pur io dal canto mio non ccssarò de far el debito secundo che è mio precipuo desiderio, come quella cognoscerà per experientia et effecti. Illa felix valeat, cui me plurimum commendo. Piomae. XIX Julii 1513. Marcus cardinalis Cornelius. A dì 26. La malina in Colegio vene uno nepo- 289 le fo dii conte Xarco corvato con caxacha d’ oro, e tre altri con lui ; dize à 6 con sì cavali et è venuto a servir la Signoria, et ne averà di altri 100; et cussi fo tolto a nostro stipendio et mandato a Padoa. Vene domino Baldisera di Scipion, è governador in Friul, vien di Maran dove fa fortificar e far certe cave, et disse che la opinion sua è non lenir zente in Friul et saria meglio tenir solum Cremons e Maran; e quelli cavalli e lì, per numero .... et fanti (500, computà 400 ne hanno fato la Pairia dii suo, è meglio ponerli altrove eli’ a Udene etc. Poi disse che è bon atender a Padoa, e aricordò certi fochi artificia- li, che quando ben i nimici fosseno montadi sopra le mure ne l'aria perir da 1000 fanti a la volta; e cussi dita receta fo per la Signoria scrita e mandata al capitanio zeneral aziò si fazi. Vene l’orator di Hongaria e voleva la Signoria facesse alcune promesse, e lui troveria danari. Li fo ditto il bisogno nostro, e non è possibele al presente; e di quello si poi è stà salisfato. Vene il secretano di Ferara e disse aver lelere dii signor Ducha, di uno burchio di tormenti tolto a le Papoze di sier Piero Querini, eh’è salvo; qual voi • esser servilor di questa Signoria, e voi tuor li Tormenti è sul el Polesene, c quelli instessi con li me* demi burchii mandarli in quesla terra ; et cussi fo laudalo e ordinato si facesse. Se intese come do frati di San Spirilo erano tornati dal viceré a la Bataia, quali andono con letere al Ghariati, è in campo, e di licentia di la Signoria, acciò li soi fermenti di Bagnol non fosseno mossi; e dicono esso conte non era in campo ma vene la sera, e lete le letere andò dal viceré, qual fu contento farli dille patente,che niun dii campo li fazino danno; e dicono che quelli dii campo dubitano molto di slratioti e li chiamano li capelleti. Di Padoa, di provedadori venerali, di eri sèra. Come era venuto lì uno citadin visenlin nominato in letere fuzito dii campo nemico, et ha menato con si do boni cavalli; dize il campo è al solito loco di la Bataia, e il Curzense non è zonlo ancora, qual solicilava il viceré venisse solo Padoa. El vizerè li rispose non era exercito suficiente; e quando vene F Imperador in persona con 100 milia persone, non li bastò averla, e hora non li par di andar si non à fanti 20 milia ; e che dito Curzense li à promesso su-plir fino al dito numero, e con questo, si fino a dì 3 Avosto non sarano dili fanti in campo, che ’1 viceré si parti e vadi via; e che omnino i voleno venir sotto Padoa.