279 MDXXVI, MAGGIO. 280 vidi, o che haveano solum una meggia spada o pugnale o qualche stoco ruginenti, di modo che quando si accoslorno alli soldati et che si videro fare contrasto, la maggior parte se ne tornava a caxa, per che si erano condutti ivi credendo de andar a noze et di trovare tutti li soldati o morti o fugiti, et il ducha de Milano fuor dii castello. Molli gentilhomini di la terra voleano andar intorno per sedare il semplice furor del populo ; ma quello li voltava le armi contra et non volea ascoltarli, di sorte che s’è visto per questi signori et conosciuto manifeslainente, che li gentilhomini sono fidelissimi a l’Imperatore, che niuno se n’ è voluto impaciare anchor che siano stati ricercati et tentali da li po-pulari questa notte che li andavano a le caxe a chiamarli suso che pigliassero le armi et andassero seco, se non missier Piero Pusterla quale ho udito dire al signor Antonio de boca propria, che vole pigliarlo et darlo per pregione alla signora Clara sua moglie. Et così tutta notte sono stati in arme quelli del castello, li soldati imperiali et questi di la terra, quali nel proximar dii giorno erano spariti de le quatro parte le tre, et già si erano fortificati in molti lochi de la terra ove per li todeschi et spagnoli, et ove per questi di la terra, tirandosi qualche schioppo da un canto et da l’altro. Questa malina poi venero 188 alcuni gentilhomini, il conte Vitaliano Visconte, missier Beneto Toso et uno suo fratello et alcuni altri boni di la terra, ad pregare il signor nuntio apostolico che volesse adoperarsi ad mitigar questo furore de un canto et de 1’ altro a beneficio de la cita, e de li gentilhomini. Quale nuncio accettò la impresa, et era ancor io seco, et andassemo dal signor Marchexe et dal signor Antonio ad pregarli che havessero compassione allo ignorante furore de questo da puoco populo, et alla sincerità delli gentilhomini, che haveano essi visto, pregando li prefati signori a deponer le arme et de acquietarsi. Quali signori risposeno non solum esser contenti de tale dimanda, ma che pregava il prefato noncio ad adoperarsi in ciò col populo. Quale noncio andò dal signor Francesco Visconte, et io sempre seco, et gli disse quanto havea operalo col signor Marchexe et col signor Antonio, ad instantia de missier Beneto Toso et de li altri gentilhomini prefali. Qual signor Francesco andò da li prefati signori, et li replicorno quanto gli havea dello il signor nonlio. Et esso da poi ándele per la terra et fece deponere le arme, et il lutto per adesso si è acquetato. Dove si è conosciuto una gran dapocagine di questo populo; del quale credo che questi signori non vorano fidarsi, et che farano venir de le genie in Milano, di sorte che non solum si assicurerano da tali tumulti, ma se li parerà volere danari da essi non saprano nè potrano dire di non. L’animo mò de questi signori, ch’é tale et forsi peggio di quello del populo, e suspelta de ciò potrebbe forse causare un’ altra determinatone, il che Dio non lo voglia. Et questo è quanto è occorso finora, et non ^osso creder che la stia così. Le galee sono ben partite per quanto intendo da Genoa a Monaco, ma non passerano ivi. Ex litteris eiusdem, in zi fra, 26 Aprilis. 188,* Altastando il signor nonlio con li soi boni modi il signor don Antonio sopra le ultime lettere che sono venute di Spagna, esso signor Antonio li ha risposto in gran colera : « Signor, lo Imperatore non ce manda un quattrino, et il peggio è che sta tre mexi ad scriverci quattro parole, ove non dice altro» voi altendereti ad intertenire quello exercito con ogni diligentia, et per altre mie vi avisero difusamente dii lutto ». Sichè questi signori se ritrovano malissimo contenti et satisfatti. Ex litteris domini Jacobi de Cappo, datis 189 Mediolani 28 Aprilis 1526. Vostra Excellenlia saperà, che il movimento fatto in Milano Zobia di notte per il popolo è cessalo, come ne le altre mie ho scritto a Vostra Excellenlia, et al credere di ciascuno non sono morti più di 500 homini in tullo da 1’ uno et l’altro canto. È ben rimasta gran suspilione in ciascuna de le parte, per la qual si vede, che questi signori fanno venire una quantità di gente d’armi a Monza, a Biagrasso, et in altri lochi del contorno a otto o dieci milia ad allogarvi. A questi di la terra spiace ben tale tratto dubitando de un sacco, o di qualche altro male effetto contra de essi, però stanno suspesi, nè sanno in questo capo gubernarsi. Le robe del signor marchexe dii Guasto sono state restituite tutte, et similmente quelle del signor Antonio de Lieva; li qual signori si sono sforciali di fare qualche dimoslra-tione a questo populo, che li hanno perdonalo liberamente et che se siano de ogni iniuria scordali, et hanno fallo publicare per bandi, che non hanno da venire qui più genie di quella che vi è ad allo-giare in Milano, et che non vogliono levare le arme