295 MDXXVI, MAGGIO. 296 Ex litteris domini Jacobi de Cappo, datis Mediolaniprimo Mai 1526. 200 Quelli di la (erra dimandavano che siano levati li soldati et le conlribution del ducalo de Milano; puoi che le gente, che haveano mosso questi signori capitani imperiali permetter a Moncia, a Bia-grasso, ifern alcuni altri lochi intorno di Milano, ritornino a li soi primi alogiamenti, dicendo che venendo et stando ivi farebbeno sempre gelosia a la terra, che mai non si acquieterebbe de l’animo di non dovere essere sachegiata. Questi signori hanno risposto, che durano gran fatica ad retinere li soldati che non vengano ad sachegiare Milano. Etiam li agenti per la terra gli hanno risposto, che maggior fatica durano essi ad retenere il po-pulo milanese che non gli tagli tutti a pezi, come tarano se non piglia assetto al principiato disordine Li signori imperiali dicono che, facendo noi questo che voi dimandale: «Come potremo mai fidarsi di vui e del populo?» Gli è stalo risposto che obli-garano ducento persone particulari tra genlillio-mini, mercadanti et populari, che se obbligherano in noine de tutta la città ad non mancare di quanto essi prometteno, mentre essi signori imperiali non manchino di quanto li promettino di sgravarli di le contributioni del ducato di Milano, di non fare venire, anzi far partire del contorno tulle le gente che per suspelto gli sono state condute, et non mettere mano ne le borse de’ mercadanti, nè di niuno di Milano. Così standose in tale disputa, et pensando gli agenti per la città di Milano di ritrovare modo di satisfare a le menti di questi signori imperiali, ponendo ad essi esser la difficullà di quanto è sopradelto, uno di essi signori rispose a li agenti per la città: «Perchè lo exercilo è in extrema necessità et ogni giorno si va mulinando, vi pregamo che ne succuriali di sei milia sculi.» Ad che risposero li agenti di Milano, che gli pareva gran meraviglia che Io interesse de lo Imperatore in Italia consistesse in cosi poca stimma de danari. 200* Nè altro risposeno zirca zio, se non che non era homo di essi che ardisse ad parlare al populo di avere pure ascollalo tale dimanda di danari, che non sapesse certo di essere taglialo a pezzi. Vi so-pragionse un altro di prefati signori, et disse: «Vostre Signorie hanno inteso la necessità di questo exercito esser grande, et quando quelle vogliano parlare di la prima domanda, un altro parlilo vi proponeremo, come a persone imperiale e dispo- stissime per quanto havemo sempre visto al ser-vitio di la Cesarea Maestà, et questo è che in la terra sono circa quattro o cinque milia stara di sale che sole vendersi libre quatro il staro. Vi pregamo che le pigliate voi per tre e meggia et darci li danari, che nui reputeremo essere servili da voi di essi. » Sopra che quelli di la terra hanno pigliato termine a rispondere, e si crede che compiacera-no questi signori di tale summa di danari. Ma si crede anchor che acordo che si facia non durerà, solo per questo rispetto che li imperiali non hab-bino da attendere quello che prometteranno per dui respetti, per assicurarsi dal già visto furore del populo, et per potere di esso cavare danari, come desiderano, et dicono bisognare. Certissimo è, che il populo minuto vorrebbe darli denlro et hanno fatto intendere al noncio apostolico che lo vogliono per loro capo. Esso se na ha riso, et gli ha ri: sposto non essere sua professione nè pensamento; ma cerio è che da canto del popolo men de uno solfarino accenderebbe il foco, et le cose de l’Imperatore in Italia si risolverebbono per via di poco momento. Già si è inteso che ’1 giorno del strepito passato venivano genti di Monza, dii monte di Brianza et del lodesano in numero di molte miliara de fanti, a li quali fu nandalo subito con-tra, et furono fatti subito ritornare. Basta che mo-strorno il bono animo loro e disposinone a li tempi opportuni. Molla genie si parte ogni giorno di questa terra, maxime mercadanti et homeni da faccende, temendo che un giorno la forcia non rompa la pacientia, come temo ancor io per quel eh’ io sento e vedo. Quesli signori hanno aviso di Francia, che la 201 Maestà del Re non vole per modo alcuno assegnare la Borgogna a l’Imperatore ; et per riporto di missier Hironimo Faruiììno homo del signor duce di Genua apresso questi signori imperiali sempre durante la guerra et da poi, che a li 6 de Aprile passato era in Vittoria el signor Viceré e il Gran marescalco de l’Imperatore con la regina Eleonora aspettando la executione de li capituli dal canto del Re, quale era a Bordeos, el deinde expedile Pignalosa ad notificare al Viceré el a l’Imperatore che non intendeva nè puotea dare la Borgogna a Sua Maestà, ma che polendola gratificare in allro, era come bono amico paratissimo ; nè per quanto se intende di là era fatto principio alcuno a la executione de li capitoli. Per la moderna via ancor sono venule lettere al serenissimo duce di Genoa, che non resti per modo alcuno di mandare le galee ad levare il signor