351 MDXXVI, MAGGIO. 352 (Stampa). 242* Feste et archi triumphali che furono fatti in la intrata de lo invilissimo Cesare Caro- lo V re de Romani imperatore semper augusto, et de la serenissima et potentissima signora Isabella imperatrice sua ritogliere in la nobilissima et fidelissima città di Siviglia, a li 3 di Marzo 1526. 242“ Venendo la Serenissima Imperatrice Isabella sorella del Serenissimo Re di Porlugallo a sposarse con lo invilissimo Cesare Carolo quinto re di Romani el Imperatore sempre Augusto, gionse a tre di di Marzo a la chiesa di Santo Lazaro fora de la inclita cita di Siviglia: et desmontata di una ricchissima lettica, fu ricevuta da lo illustrissimo signor duca di Arcos governatore di Siviglia, el dal reggimento et tutti li magistrali di quella cita, accompagnati dalli cavalieri et nobili di essa, tutti molto riccamente vestiti, et basarono ordinatamente le mani a Sua Maestà,la quale era vestita di raso bianco, ornata con tante gioie che valevano un Ihesoro. Di poi montò a sedere sopra uno cavallo bianco bellissimo, ornato di oro et argento, el vene a la porta de la cita chiamata Maca-rena, et li signori del regimento jintiquatlro el giurali de la città la receverno sotto un baldachino de brocato di oro rizzo soprarizzo, il quale havea in mezo le arme de lo Imperatore recamale di gioie el di perle grosissimedi gran prezo, posto sopra venti hasle tutte fornite di argento con mirabile artificio. Et con lei venivano il reverendissimo arcivescovo di Toledo, et li illustrissimi signori duca di Calabria, duca di Berzere, il marchese di Villa Reale et molti altri signori di titulo di Porlugallo et Casliglia, tutti acompagnali da molti cavalieri, et ornati con si ricche catene, gioie et veste, che rappresentavano una grande squadra di grandissimi principi signori. 11 molto magnifico regimento et popi ilo de la ditta città, per honorare come conveniva la intrata di così alta Imperatrice, olirà li grandi ornamenti de le strade et altri spcclaculi et segnali de publica letìtia, che furono infiniti, li fecero sette ornatissimi archi triumphali nel modo et ordine seguente. Il primo era posto a la detta porta Macharena dedicato alla Prudentia regina di tutte le virtù, sopra del quale era la statua de lo Imperatore vestito di azuro colore celeste, che teneva il mondo sotto li piedi. Di poi in la parte dinanzi di esso arco era la Prudeittia che haveva uno specchio io mano et teneva la Igno- ranlia sotto li piedi che havea serrato li occhi con una benda, con queste inscrittone Ialine: Bivi Caroli. Maximi Frudcntiae incomparabili S. P. Q, Hispalensis dicavit. Prudentia. Carole quce mundo imperitas felicia quoe tu Fata etiam cogis rebus adesse tuis; Quod te Turca ferox, quoe te tremit Africa tellus, Et videt exitio te superesse suo, Hoc tua dive facit Prudentia, quae tibi laudis, Hic sacrata tuae maxima testis erit. Dall’altro canto li erano queste parole in spa- 242' gnolo: « Honore che il reggimento et populo di Siviglia dedica alla incomparabile prudentia del maximo Imperatore Carlo V re de romani ». A man destra alla Prudentia stavano le virtù, che sempre accompagnano le opere di essa Prudentia, che sono Vigilantia, Consiglio, Ragione el Verità, et alla sinistra stavano li vitii contrarii alla Prudentia, che sono Negligenti«, Vanità, Errore et Mendacio ; et le virtù erano coronate et li vitii incatenati, et cadauno haveva il suo nome perchè se potesse cognoscere. Erano congionti al detto archo doi altri archi piccoli con inventioni et moti attorno in laude de lo Imperatore et dell’ Imperatrice, con versi latini et spagnoli. Il secondo arco era posto a la chiesia di Santa Maria, dedicato a la Fortezza, la quale virtù di poi la Prudentia più convene a li grandi imperatori che nissuna altra. In cima del quale arco stava la imagi-ne de lo Imperatore armata a tutte arme con la spada nuda in mano, et in la fronte di esso arco era la Fortezza armala, che teneva la Superbia sotto li piedi, la quale pareva se volesse sforzare di levarse, con littere che dicevano : Cesaree fortitudini quae Cristianam Rem-publicam tuetur S. P. Q. Hispalensis arcum triumphis insignem dicavit. Foutitudo Non nos quod victum vi debellaveris hostem. Haec damus auspiciis Carole magne tuis, Non quia spes omnis in te inclinatam recumbit. Ne lacerent avidi viscera nostra lupi, Sed quia vincendo te, sis fortior, inde Laudibus haec crescunt pegmata celsa tuis. Da l’altro canto li erano parole in spagnolo di questa sententia :