369 MDXII, DICEMBRE. 370 vedador rispose che non so li fa alcun danno, e cussi come il campo yspano sia in brexaua, il nostro poi star sul veronese, perchè etiam tedeschi è stati sul brexan ; e altri avisi come dirò di solo. Et manda lettere dii Caroldo et dii Guidoto ut in eis, e di sier Nicolò Michiel proveditor ai Urzi nuovi. Di sier Nicolò Michiel provedador nel ieri-torio brexan, date a li Urzi novi, a dì ultimo Novembrio, hore 13. Come domenega passata, fo a dì......, vene lì domino Vicenzo Guidoto secretorio nostro e uno orator zenoese, è apresso il viceré. Scrive coloquii abuti con l’orator zenoese, perché il Guidoto si trasse da parie a parlar col protho-notario Mocenigo, era etiam lui lì a li Urzi ; el qual orator zenoese li disse tra spagnoli si diceva certissimo a Roma aversi a far una liga in la qual la Signoria nostra mai intrarebe, zoè il Papa, l’impera-dor e il re di Spagna, preservando tempo zorni 15 a la Signoria nostra, con una coda che Verona e Vicenza si lassi a l’Imperador, acompagnata la Patria di Friul, et darli assai danari. Esso proveditor li rispose: quelli haveano consultato questa materia, over non 1’ haveano ben pesata, over a volontà deliberavano, assignandoli la sincerissima fede, la modestissima volontà el una largissima ragione dal canto di 207 la Signoria nostra; dicendoli altre parole, e che potrà esser che essa Signoria, havendo cognosuto ogniuno, troverà mezo de ccetero mesurare questa Italia forsi a suo modo, benché io conoscila questo esser 1’ ultimo suo exitio, dicendo Dio voglia che tal pratiche non dia principio a la ruina de’ cristiani. El qual orator zurò cussi esser, e si parli, e lo acom-pagnò di là da Ojo, zoé fino a Ojo. Scrive quelli spagnoli condulieri e napolitani dicono, si la Signoria si parte da loro actum est de imperio suo, afer-niando il suo Re vorà prima saper tutto lo aponta-mento avanti sotoscriva. Si duol assai di quella povera terra, che, seguendo lo cosse dite, anderà a sa-cho e ruina et extrema destruction, piena di tanti iì-delissimi citadini brexani, di tante monache sanclis-sime, di tanti pupilli, colma de tutto, e ’1 residuo bre-xano poi, quelli teneri che mai hanno inanellato di la devotion nostra, li qual ogni dì vien rninazati non solum da li forestieri, ma da li inimici paesani, che li crepa il cuor. Scrive s’il havesse auto una ra-gionevol guardia, seria morto insieme con questi svisceratissimi nostri schiavi più presto che aban-donarli, e voi star lì fin a l’ultimo de condur la compagnia di Schiavelo dal Dedo che è 50 boni fanti in Pontevico, non inanellandoli de ogni persuasione. Dice metter persone in assedio con parole è dura / Diarii di M. Sanuto. — Tom. X7. cosa, c di questo molto so dubita hcssendoli il morbo dentro; li aria basta l’animo far nasser danari per darli una paga, ma in sti casi non bisogna scoprir i soi dolori. Scrive non mancherà a quelle tre compagnie è lì di balestrieri e corvati, nè mancherà in ogni caso periculoso di salvarle; ben si duol che molti brexani, bergamaschi, cremaschi e cremonesi, i quali sono in dite compagnie, rimanerano adictro con lo resto. Scrive, pur perderasse qualche camino per non far mazor perdila. Si duol scriver cussi : pa-cientia, li animi perversi fanno queste strane occu-rentie; pur spera in Dio conoscerano la sincera, pura et bona operatione di la Signoria nostra. Dice monta a cavallo con le dite compagnie per visitar Ponto-vigo, e lì porta sai, corde et ojo e tutto quello li hanno dimandato, et conforterà quel contestabele è lì, Hironimo Fateinanzi, e quelli valenti liomeni, prò-metendoli per nome di la Signoria, che non li serà inanellato di alcuna cossa, e tornerà a dormir a li Urzi. Eri sera li zonse uno comissario dii viceré e dii gubernator di Brexa, con patente di veder per tutto quel teritorio quante biave ge sono per torle e fornir il castello di Brexa ; et volendo lui proveditor, con ogni mezo, far che niuno vedi come stagi li Urzi, li dete bone parole; subito spazoc al Guidoto clic 207* operasse col signor viceré che in quel locho si obviasse tal cercha. Sta matina verà la risposta, e aviscrà il seguito. In questa matina, domino Antonio di Pii concili* tier nostro vene in Colegio, venuto di campo, e dimandò licentia ; non voi più far il mestier di le arme ; non è honorato in campo come el doveria, è soldato e condutier vechio nostro. 11 Principe li usò bone parole e lo commise a li savii. A dì 3 nulla fu da conto in Colegio. Solum fo dito eri sera, et ozi, esser avisi in la Signoria che Mi-lan è in arme, perchè vedeno il suo Ducila non venir di longo in Milan et esser sbefati da spagnoli ; sichè seguirà qualche novità. Da poi disnar, fo Colegio di savii ad consu-lendum. Di campo, vene do man letere di 2, hore 20 et 22. In la prima, avisi auti dal Guidoto, come venivano 200 lanze yspane in veronese per intrar in Verona. In l’altra, di esser zonte le dite lanze, et li alemani a Valezo et Villa Francha, unde lo illustro governador nostro voria andarli a trovar e farli fuora e non aspetar tempo. Et a Verona è stà fato consiglio, non volcno entrino in la terra: sichè spaza esso provedador Capello a la Signoria per saper 24