183 MDXXVI, LUGLIO. 184 bavea de falli 2000 che aspectavano el descender de sua signoria, et li hoineni d’ arme almeno sarano 500 et de avanlagio. E che ’I Re havea hauto la nova de Lodi, et scrisse al prefato Marchexe che non attendesse che fnsseno fatte tutte le monstre, anzi con la fatta subito si aviasse; el così la sua levala si puoi reputar presta et immediata. In svizari veramente ha trovato el comesso del Papa il Capino, qual era a Lucerna con domino GasparSolma-no et uno ambasciator del Chrislianissimo, capita-nio Buna, mandato novamente in svizari a procurar la levata de essi, et poi venirsene avanti ad star in campo fermo a la expedilion presente. Li quali tulli tre zonzeno Limi proximo passalo a di 16 da sera in Lucerna per la dieta che il Martidl sequente se principiava. Et che lui domino Ilironimo si parti Luni da sera ; et che messer Gasparo predillo gli havea dillo che de svizari ne banano più di quello che ne voleano, el pensa el numero fusse de 6000, et che certo questi sguizari che erano per haver, 117 (nono) svizari de li cantoni, che sono bonissima gente, nè ne scia dir de alcuna dificultà che havesse ad esser de credito o avanzo vechio, nè altro che havesse ad expedir. Per uno gentilhomo da Milan dice haver hauto heri nova da Milan, por uno di soi partì l’altro beri a dì 17, che fu Marti, da Milan, pecche non pono in questi tempi far fi viazo in un giorno. Dice che in Milan tra spagnoli et milanesi,et è aflirmato da spagnoli, che francesi vengano, et si dice che erano partiti daLion,etche sono in camin; et avanti che ’I venisse el Barbon se fortificorono in la città, et da poi venuto lui Barbon, fin quando el campo nostro gli era in zerca, se fortificavano ancora nelli refossi de bor-gi. Et questo dice, et che in Milano gli è 10 mila fanti tra todeschi, et che non hanno arlegliarie, salvo quella pocha stava intorno al castello. Et che Luni a dì 16, o Martidì, ussileno di castello alcuni soldati che veneno et gionseno in el campo nostro, quali passorno per la via del zardin, amaziorno le sentinelle et traversorno Ira le do guardie che sono una per banda del castello, passando el fosso per la via de mezo ; et che non gli mancavano vitluarie et che per questo tengono Monza, et sono posti nel castello di Monza forsi 100 schiopetieri, et si fortificano dentro et di continuo ne vanno et vengono et l’altro beri ne erano forsi 400 fanti. Da Monza a Milano sono miglia IO, et da Monza a Brevio miglia 15, el a Trezio miglia 12, et a Leco 20. In Trelio sono 150 cavalli, et fanti non molti, meno di cento. Di Brexa, di sier Fiero Mocenigo capita- nio, dì 19. Come, havendo hauto aviso esser slà fallo comandamento nel contà di Tiruol che tutti quelli poleno portar arme et sehiopi stiano ad ordine, che è signal voleno far motion, pertanto li ha parso avisar questo. Del ditto dì 20. Come questa notte a hore 3 ha hauto lettere di domino Chapin di 13 da Berna, directive a Roma el Mantoa et a lo episcopo di Pola legato de qui. Poi questa matina è venuta un altra posta del ditto, con lettere date a Vestorich a di 25, con una al dillo episcopo di Pola et una a Mantoa. Item, di Verona ha hauto gropi 14 di danari da esser mandati in campo, et cussi li manderà con bona scorta. . Et poi lette queste lettere si stette assai cussi, però che li Savii in Quarantia consultavano la lettera si scrive a Roma, et stato asà in Collegio vene fuora. Et con grandissima credenza comandata per il Canzelier grando, fo ledo una lettera di V Ora-tor nostro a Roma, di 17, scritta all’illustrissimo Conscio di X. Di colloqui à hauti il Papa con 1’ Orator nostro zerca la impresa eie. Fu posto per li Savii del Conseio et terra ferma 118 do lettere a l’Orator nostro in corte, et conzale per il Serenissimo, in risposta di soe. Da poi le parole zeneral, do cosse : quanto a la impresa del regno semo conienti mandar la nostra armada da mar, et Soa Santità da terra, overo manderemo l’armada nostra el li daremo le galie fornite, et Soa Santità le armi, laudando il mandar del suo nunlio in Pranza a Iratar questa impresa col Re, et poi Anglia. Item, quanto a l’acordo del ducha di Ferrara, lau-demo et faremo il tulio segui ; con altre parole, ut in litteris. Et io Marin Sanudo andai in renga et contra-dixi. Prima era de indusiar a Luni, veder quello farà li exerciti sono sotto Milan ; poi volendo luor la impresa del regno, si doveria dir de le nostre (erre di Puia, come etiam aricorda 1’ Orator nostro in corle. Item, non si doveria dar lo asenso a l’acordo col duca di Ferrara, per non afirmar dagi Ravena al dillo Ducha, che è terra nostra, qual speremo da qualche Pontefice rehaverla con il tempo ete. con altre parole persuasive a non voler la parte, overo lettera, qual è dannosa et si dia indusiar a scriverla. Et mi rispose sier Alvixe Pixani procurator, savio del Conseio, dicendo a l’indusia non bisogna indusiar a scriver, inlravegni queliti si voghi sotto Milan, et di le lerre di Puia il Papa ha ditto una volta a l’Orator nostro sarà nostre,