concesso che in qualche scuola si potesse insegnare la grammatica albanese e che più tardi ancora qualche scuola prettamente albanese venisse aperta. Del resto l’amore degli Albanesi per la propria lingua è tale ch’essi fanno dell’insegnamento di questa una condizione sine qua non per le scuole italiane che si vogliano aprire in Albania e per mandare i loro figli a tali scuole. Essi sentono, come tutti i popoli che lottano per la loro nazionalità, che la lingua ne è il primo elemento ed il primo segno; onde la lotta per la conservazione della lingua ha il suo significato politico, quel significato che per l’Albanesi si riassume nel motto: L’Jllbania degli JìIbanesil E trascorso poco più di un anno dai grandi comizi tenuti in differenti città dell’Albania per protestare contro l’introduzione dei caratteri arabi in sostituzione di quelli latini. I più importanti per numero sono stati quelli di Codja, sangiaccato di Monastir, e quello di Elbassan, la cosidetta Siena dell’Albania. Si dice che al primo abbiano preso parte 14.000 persone e 10,000 al secondo. Nello stesso tempo gli studenti albanesi di Costantinopoli hanno indirizzato vivaci proteste addimostrando con prove inconfutabili che i caratteri latini sono i soli che possono rendere in tutte le sue finezze la pronunzia albanese. Più tardi una commissione composta di vari studenti ha presentato un memoriale al governo di Costantinopoli, che, a quanto si dice, si era impegnato di studiare la questione. Vana speranza, □ 78 □