251 MDXXV, NOVEMBRE. 252 Tertio, che ’1 Duca fazi li zentilomeni di Milán li dagino li 40 milia restano aver per la investitura. La risposta a la prima, non permetterà sia se-rato il castello. A la seconda, voi lenir questi doi apresso de lui per esser indisposto et non ha altri che possino far per lui. A la lertia, che Sua Excellenlia fazi quello el voi per aver li danari, replicando lassi che ’1 mandi uno a la Cesarea Maestà; e più avanti sarà la copia. Dii ditto, di 10, fiore 5. Come il signor Marchese questa mattina ha fatto chiamare da lui que* sto Señalo, li ofieiali et molti zentilhomeni del corpo di la città, a li quali ha exposlo che mollo bene sapeva le pratiche che si fasevano per la città, el che tulio quello che ’I feva circa voler far serare il castello, tulio faceva per assecurare il suo exercilo, el etiam a benefìcio di la Cesarea Maestà, aziò quella si potesse prevalere di questo Stato ad ogni suo bisogno, et che circa di ciò haveva avuto una lettera da la Cesarea Maestà, qual volendo essi ge la mostreria, che l’imponeva dovesse asecurarsi di questo Slado et far tutte quelle provisione et operatone erano necessarie circa tal effeelo, remetiendo il tutto a la prudenlia sua, et questo perchè si era tratà di machinar contra la Cesarea Maestà tenendo pratica con Franza e altri conira di Cesare. Dicendoli haveva mandà a reehieder al Duca il castello, over assecuration di quello, e non l’havendo poluta aver li exortava a dover pregar Soa Exceller.tia assentisse, aziò non seguisse altri inconvenienti. Et domino Francesco Visconte, come capo dii Senato, li rispose fariano l’ambasala al Duca exorlandolo a far quello li fosse di honore. Poi pregò Soa Excellenlia facesse le sue zenle non facesseno danno e in la terra e per il Slado. Rispose lo faria; ma si dovesse far portar di la paia in la terra. Poi esso Marchese si voltò a li ofieiali el magistrati, dimandandoli si exercitavauo ii offici loro al quale il vicario di la provisione; rispose che molti di loro non exercitavano h offici, ma attendevano a la caxa loro, temendo di qualche male, essendo slà fatto venir quelle zente in la (erra, et anche ne era voce che sua signoria havesse distribuito li officii. Soa Excellenlia replicò chedoves-scno attender a li soi officii, et che non era per impedirli nè havia fallo mutation, nè era per farlo altramente di quello sono, e di questo ne fusseno certissimi, et che dovesseno attender a far iuslitia. Scrive, il Duca ha fallo parlar a li capitani di lanzi-nech, et al castello dove su la porla era la bandiera dii caslellan, ha posto una bandiera di santo Am-broxio. Et in una lettera scrive, li fioli del Moron, uno parlile con fama venir a Padoa al suo studio, l’altro non se sa dove el sia, e la moier si ritrova in questa terra, et nulla di la sua robba è slà mossa. Di Crema, di sier Piero Boldù podestà et capitanio, di 11, hore 18. Manda alcuni riporti, ut in eis, li quali sono questi, zoè : Riporla Nicolò Valdiamer mandalo con il breve di Vostra Sublimità a Milano al clarissimo Orator. Dice che beri circa 18 hore il marchese di Pescara haveva mandalo a chiamar molti zentilhomeni di Milano, et tra li quali era uno che era slà suo patrone, el qual ha nome messer Dario da Usana, el qual volse che dilto nuntio andasse con lui dal Marchese, et dice che lui aldite a dir al dilto Marchese verso zentilomeni :