85 MDXXV, OTTOBRE. 86 531) Copia di una lettera da Milan, scritta per Dionisio Ztirla, data a dì 16 Octubrio, dri-zata a sier Michiel Barbarigo fo di sier Andrea, fo dii Serenissimo. De qui el magnifico Moron cum salvoconrluto da li signori cesarei, per quanto si dice, a dì 13 parli mollo a bon ora per Novara, unde la sera ivi zonse, negotiò il di seguente in consulto, dove lì era il signor marchese di Pescara, lo abate di Nazara, il signor Antonio da Leva, il signor Lopez Ortaldo. A li 15, la malina a bon ora, havendo tolto li-cenlia esso magnifico Morone dal Pescara, il Leva 10 accompagnò, et vedendo esso Moron più gente su la piaza del solito, volse tornare dal signor Marchese. Allora non fu lassato e fu interlenuto, condulo ad uno loeo poco lunlan de lì, de dove poi fu conduto a Pavia, posto in castello, scompagnato da alcune bandiere de lanzinech et ivi si trova ancor. A dì dillo di 15 vene di qui domino Bragamonle, cum lettere dii signor Marchese al-l’illustrissimo signor Duca, e a lo illustrissimo senato. Quelle dii senato la sera furono presentale perchè a quella ora se reduse il senato in Corte vechia, per le qual lettere esso Marchexe exortava essi senatori a procieder realmente nel loro officio servando fede a Cesare, nè maravigliaudose de la relentione del Morone, perchè havendo lui macchinalo che occorrendo il caso di la morte dii signor Duca dare il Stato ad altri che a Cesare, cosa che meritava et consideratone et punitione. Esso Senato rispose, che loro allenderano a seguitare 11 consueto suo della iustilia, et che non havendo carico del governo dii Stato, per bora altro non li diria. Poi il ditto Bragamoute a li 16, la matina al tardo fo introdulo a la excellenlia del signor Duca, dove li apresenlò a soa excellenlia la lettera dil.signor Marchese, quale era nella forma di quella del senato, ben subiongendo in voce che essendo il ditto Morone in dolo, soa excellenlia havesse a darli condegna penitentia. Lo illustrissimo signor Duca, che poco inaliti era slà advertito da tre sui senatori del caso occorso, coslanlemenle aldite el ditto Bragamonte, poi mollo prudentemente gli rispose, che quelle novelle gli erano asportale per farlo morire, ma che non moriria 53" se non quando seria la voluntà de messer Domine Dio, benché li rencresceva che havendo bisogno (1) La carta 52, 52* è bianca. j più presto de riposo che di travaglio, fusse ora privo do uno .... di quella qualità che era il Morone fidele a Cesare et bon so’servitore, il quale in conto alcuno haveva erralo, e per iustificare questo al signor Marchexe li mandava uno senatore suo con lettere di credenza, dandoli in commissione: primamente, che con tutte le forze sue operasse di far liberare il dillo Morone, promettendo esso signor Duca el obliandosi sempre ad ogni richiesta loro darlo a li soi voleri. Se veramente que-slo non potesse obtenire, adverlisca esso signor Marchese operare de modo elio alcun scandolo non seguì, dicendo sua excellenlia : « lo haverò tanta forza dalla Maestà de Dio, che spero governare el Slato che è mio, el quale insieme con la persona e facullà de li subditi mei ho messo a beneficio di la Cesarea Maestà. Et se altro non li andarà, che so la innocenlia apresso Cesare serà ben iu-slificalo. » El cum questo fu expedito il Bragamonle et il senatore Zuan Francesco Saco. Retenulo il Morone, li signori cesarei lolseno il possesso di la città di Novara a nome di Cesare, dando il ¡tiramento a la comunità de fedeltà, così ha facto il signor marchese del Guasto in Alexandria, mettendo ad ordine la forleza; il simile ha fato in Pavia. Venula la nova de essa caplura in la città de Milano, la sera la città siete molto mesta, met-lendose alle arme sì alla piazza come al castello, et molli zenlilomeni per essa città cavalcorono. 11 zorno di 15 li lanzinecbi de domino Corandino mirarono in Lodi et in la forleza a parte a parte dicendo che questo inverno non voleva alozare su la erba, ma stare in casa per guardarse dal fredo. Et questo è il successo seguito di la cosa come è passata. Di Roma, di l’Orator nostro, di 11. Come 54 erano lettere di Lion di 5 el 6 in mercadanli, che il re Christianissimo era varilo dii mal, unde lui Orator fo dal Papa. Soa Santità li disse la mede-ma nova, et ha autoaviso quelli signori di la Franza non haver voluto far salvocondulo al duca di Ferrara, che li piace mollo; poi fo dal signor Alberto da Carpi, qual li disse haver questo instesso aviso, et avisa esser nova in uno secretano suo, come quel Sigismondo che andava in Franza fu preso da spagnoli et condulo a Zenoa, et de lì sopra un bregantin 1’ haveano mandalo in Spagna. Scrive, il Datario averli ditto che quelli do priorati di la chiesia di San Marco have alias il cardinale di Mantoa defunto, non erano slà dati via, ma ben li