425 MDXXV. DICEMBRE. 426 Lo abate di Nazara è spngnol, di anni..... qual alenile al governo e trovar danari per pagar 1’ exercito, ma non a quel modo havia il Moron : però si tien cbe ’1 .Moron sarà liberato per poterlo usar li cesarei a queste exation. Questi spagnoli e tutti è mal voluti da milanesi et quelli dii Sta lo per li grandi danni li fanno, dove vanno et dove alozano, che si poi dir siano diavoli de lo inferno, e voleno quello i voi e hanno ben l’arte di dove dieno alozar. Laudò Domenico Vendramin stato suo secretano mollo, ringratiò di ducati 200 donatoli per re-falion di qualche spesa fatta per lui. Disse era stato in una fastidiosa, laboriosa e pericolosa legation, sì avanti la zornata e poi, e tulto ha fatto volentiera per servir questo excellentissimo Stato. Et vene zoso di renga. 284 A dì 6, fo San Nicolò. La mattina, ¡usta il consueto, il Serenissimo andò con la Signoria a messa in la capela nuova de San Nicolò, da poi si redusse con li Savii in Collegio. Et non fo lettera alcuna. Veneno in Colegio li oratori di Ferrara et Man- toa in recoman lation di uno......del qual la Signoria dete ai Pompei di Verona 110 campi in..... come beni di ribeli, dicendo che ’1 dillo . . . . Da poi disnar, sier Francesco Bragadin savio dii Conseio, per le noze di sua neza maridata in sier Lorenzo da Mula di sier Agustin è Locotenente in la Patria dii Friul, fece un solenissimo pranso, al qual intravene 100 zentilhomini di primi di la terra. Vi fu quasi tulio jl Colegio, Cui di X, Avogadori e il forzo di Pregadi, et etiam io Marin Sanudo. Ne era a le (avole tulli in porlego sentati da.....che non è di Pregadi, overo non intra in quello. Vi fu etiam il nostro Canzelier granilo di sora di tulli, e pre’ Battista Egnatio leze publice a la Canzelena. Poi fo 12 (Ione quale baleno con maschere, ma prima soni, canti et alozar (?) per excellenlia, siche tulio hozi si stete su feste. Et non voio restar da scriver una cosa notanda. Vili a una donna, fo Ila di sier Filippo Sanudo moier di sier Zuan Foscari qu. sier Agustin, la qual al coslume di more si ha fatlo forar le rechie, e con uno anelelo d’oro solil portava una perla grossa per banda ; cossa che lei sola porta, et mi dispiaque assai. Da poi redulo li Savii, alditeuo le infrascriple lettere : Di Verona, dii proveditor Pexaro, di 5, hore 3. Manda do lettere, una dii conte Alberto Scoto, e Camilo Orsini, con alcune nove baule di Milano, ut in litteris. Dii signor Camillo Orsini, date a Bergamo, a dì 4, hore .... Come non ha liaulo lettere dii suo da Milano, poi è slà preso il suo stafìer ; ma manda dpi altri reporti, de uno venuto de Milán, et uno altro dii reverendo episcopo sufraga-neo di questa città, qual vien da Milan. Et prima il sumario di dilli reporti è questo : Prima verifica la morte dii marchcxe di Pe- 284* scara, et che atendono spagnoli a far le trinzee, ma sono pochi guastatori che lavorano, ma ben dicevano hozi aspeclarne assai, et che li italiani erano alozali verso il Piamonte vieneno a Milan: et ditto nunzio zonse beri a hore 22 e partì a hore 5. Dice beri quelli dii castelo ussirono fuori et amazorono 7 spagnoli. Bem, che lui relator parlò con unozen-tilhomo milanese, qual li disse, se ’I Papa volesse, la Signoria di Venicxia etiam lei faria, et questi cesarei sariano taiati a pezi. Item, come heri erano usili do dii caslelo, uno nominato .... et il capi* tanio Margnon, nè si sà dove i siano andali. Item, quattro bandiere di spagnoli, che erano a la guarda dii marehexe di Pescara, morto che 'I fu se partirono et andorono a Pavia. Et che aspeclano lì fanti italiani, quali resterano a guarda dii castelo, e zonti li daranno do page. Et che di lanzinech ne fuzeno a poco a poco di Milan, dubitando de esser morii. Et che spagnoli a questi dì feno cerio inconveniente confra alcuni villani, i quali villani si messeno a uno sbattendoli fino in la terra. E che quelli capitani non voleno che i vadino facendo danni. Item, uno altro nonlio partì hozi a dì 4, hore 17, da Milan, dice quasi in conformità, et come essendo alozalo a I’ hostaria di la Palla in Milan, sentì gran remor di zente et andò a veder. Era il corpo dii marehexe di Pescara, che era portalo in la ctiie-sia di San Piero vestito di negro a modo di essi frali con assà torze. Dove si dice I’ ha ordinato di esser messo fino sarà portalo a caxa soa in reame. Et che correva luito Milan a vederlo portar. Item, manda una lettera da Milan hauta dal suo Camillo Bardon, drizata a lui signor Camillo, data a dì 3, ore24, in Milan. Scrive come quel zorno si fèsalassar, adì primo, nè per questo stele, e andò a la caxa heri dii marehexe di Pescara, e vele li soi zentilhomini voleano andar a disnar insta il solito, e in l’anticamera dii Marehexe pur si intrava. Poi vete li soi pazi discapigliati e di inala