741 MDXI, GENNAIO. 742 facta, che la conlessa et lo signor Ruberto Boscheto, che sono dentro, si voleano componer con la beatitudine sua, ma el conte Alexandro Triulzo non ha voluto; ita che sua santità ha terminato, dar la •terra a sacco a li soldati. Et, da poi ragionato per bon spazio, la beatitudine sua volse disnar, dicendo voler andar ozi a la Mirandola, et volea al luto io restassi a disnar con quella. Mi excusai non poter, per convenirme far medicar el piede et preparar le cosse mie, per acompagnar sua santità a questo loco de la Mirandola; et andai a l’alozamento solito. Et disnato, ritornando verso la Concordia, per levar sua beatitudine, quella incontrai in strafa, che veniva verso lo allogamento nostro, che slongò la strata forsi 2 meglia, per esser fuor de via da andar a la Mirandola. Et veni con sua beatitudine qui, per allo-giar et star in questo borgo, per solicitar le cosse de la impresa, non se fidando niente de’ soi capi ; anzi ha dato la cura et impresa al signor Troylo et domino Jannus de Campo Fregoso. Sua beatitudine è allogiata in una cusina de un convento de frati ; et io in lo allozamento era Francesco Calson, che è una stalla da cavalli, tuta aperta, che non li staria fameglij, e ancor par a questi tempi un zucharo, in modo che monsignor Cardinal Cornelio et Ragona mi l’ha richiesto, et non potrò far di meno di con-379* sentirgelo; et sarà forzo io ritorni al mio solito alo-giamento, eh’ è lontano più de do miglia de qui, et ogni zorno converò venir qui da la santità de nostro signor, qual voria io stesse continuamente a presso quella, che mi sarà de grandissima faticha et incomodo, ritrovandomi indisposto del piede, e poi con questi pessimi tempi, che luto ozi ha venlado el nevegado crudelissimamente. Et con tal tempo ha voluto venir el pontifìce, natura sopra Iute le altre fortissima, et par che niente patisca. Li nostri com-piteno questa nocle de meter tuie le arlellarie sue, et fornito la cavatione, el quello li speda a loro. Et 3 horre avanti giorno han cominziato tirar con li do canoni grossi, datili da le gente pontificie, et facto fin borra grandissima opera in rumar defese et un turione, che facea gran damno; et se ’1 fusse stà ate^o a darli ballote et polvere da li pontificij, ha-riano facto ancor plui. In modo che la santità de nostro signor non ha altro che dir, cha dii valor et probitade de le gente nostre, comendandole sopra tute le altre; et de le nostre Se confida, et è venuto ad allogiar nel borgo, dove sono le fantarie nostre, dicendo che lui, mo che è qui, non ge lasserà man-char nè ballote nè polvere. Non chiama alcuno de’ soi a consulto, nè mai li nomina, salvo in biase- marli. Quando se dice, nostri aver facto qualdie cossa, subito risponde : Anche nostri fariano cussi: La cavatione, consigliata a le gente pontificie, et tolta da si, che è la meglior et più facile et secura, non è ancor fornita, nè credo si fornirà per luto dimane, ita che ’1 pontifice buia focho, et sarà neccessario lo fazano per vergogna ; sì che nostri si fanno honor grandissimo. 1 qualli han preparato alcuni fochi artificiati da trar in la terra, a tempo de la balaglia, che li sarà di gran laude. Fazo tu-tavia pagar le fantarie,.addò vadano a la bataglia ben contenti, per esser passati i soi tempi ; et fazoli . dar li danari, erano deputati per. li stratioti, che non si ita possuto far di meno. Se io havesse il itìodo de poter pagar le gente ai soi tempi' limitati, io li faria andar nel foco; ma li ho tante volte ingaiiali con bone parole, el menati in longo, che più non vogliono parole; tutavia fazo quanto mi è posibile, et qualche cossa de plui. El si lui preparato scale in gran quantità, ponti sopra bote, per butar ne le fosse, et grandissima quantità di fassine et altri preparamenti, che, compita la bataria, se darà una bataglia excellente, el non dubito se intrarà ili la terra per forza. Missier Ilironimo Lipomano scrive ancor lui copiosamente; lui suplisse in quello horra io non posso. Copia de una letera, di sier Zuan Vituri, 380 ptmedador in la Patria di Friul, a sier Lorenzo, suo fratello. Narra il modo di bru-sar il borgo di Cremons. Data in Gradiscila, a dì XI zener 1510. Come, havendo per spie, che in la cenla overo borgo de Cremons liabitavano da cerclia 50 ladri inimici, li quali si levano licito ogni note ussir, el scorer qua et là per queste valle, per modo che, senza gran suspeto, tre o qualro et più compagni non potevano andar su e zoso; unde deliberò al tulio voler radicharli et ponerli tal spavento, de natura che non havesseno a lenir tal mezi de ladri. E inleso, che doveano domali di note corer a robar et brusar per queste ville a le basse, eri, a hore 3 di note, in un momento messe in bordine cavali 100 et fanti 100, et messe fuora di la terra el strenuo Zuan Turcho, conlestabele, con fanti 50, con hordine, si andasse a inboschar solo le mure de Cremons, Ira la cinta et borgo. Poi lui ussite con li strenui Thodaro, Matheo et Franceschìno dal Borgo, et strenuo Zorzl Havo, con cavali et fanti, lassiuto bona guarda a la terra, et andoe per una altra stru-