153 MDXII, APRILE. 154 Duclia si s’cra reso al signor Marco Antonio, et cossi il bon signor Marco Antonio ussl con le giente sue per la rochh credendo fusse vero quello che era sta dillo per lo trombetta ; mn come el fu fora uno trar d’archo, el se ¡scoperse uno squadrone de nemici e vetieli adosso in modo che furno pocho inanello che l’uno lo piliasse. Pur retornò dentro, ma non tutti, che alcuni per la furia casehono giuso dii ponte nel fosso e negono. Questo la domenega de sera, in modo che la brigata comintiono a gridar: « Li nimici sono drento, li nemici sono drento » e li omeni d’arme se s’ascondeva chi in qua chi in là; pur la cosa s’aquietò, e stele la note con bone guardie. El se stima che la notte alcuni di magniati di Ravena si partegiase con franciesi de darli la terra, che altrimente non l’averia mai posuta piliare per più respetti: prima clic non l’avevano vitualia; secondo, che era stà morta e sasinala la magior parte di valenti homeni, e drento, la terra stava assai bene in ordine. Ma el pecato acieca altrui, e lunedi di Pasqua se miseno frantiosi a venir alla terra in ordinanza, e chi l’aveva già data a loro erano là alle mura rotte e alla porta, e sporgevano pane e vino ai francesi. Vedendo i spagnoli questo atto, quali spagnoli erano sulle mura per defender la cità, dubitando de quello ch’era, che i ravenati avessero data via la terra, tutti sbandonono le mura e ridusensi nella rocha parte, e parte ne la ciladela ; e frantiosi feno uno ponte, entrono dentro. Sentendo el po-pulo menuto questo, e non sapendo loro che la terra gli fusse stà data, sonono la campana alle arme, e ogniuno usi fora contro i franciosi, in modo taliter che ributorno de fora i nimici ; ma li nimici riforsono in modo che fugorno el populo e (misero) mane a mazar questo e quello e la tera a sacho e conventi, maxime tabernacoli, calesi, erosi ; vituperate le mo-neghe, femene e bamboli, e per iofina ai pani d’ados-so spoliando frati, spoliando moneghe e de ogni man giente. Vero è ch’el convento de Santa Maria in Porlo non àno abuto tropo male, per rispetto d’alcuno barone che non li lassò andar di male. Ora di morii, che sono stati morti in Ravena, dise che si stima da do’ milia e più d’ogni sorte de quelli della terra e paese. Del campo di spagnioli, lui dise che parlò con uno spugnolo che era stato preso, che lui andava e tornava in campo di spagnoli, e che erano alla Clia-tolica e li olirà alozati, e che de’ spagnioli de’ omeni d’arme non avevano perso nissuno, fantarie e cavai legieri, e cossi franciosi; e che quando lui si parti da Ravena; si parli el martedì de Pasqua, dise che dicevano eh’ el viceré era alla Calolicha col campo, e tutte quelle terre li dava vetualia, e cossi el duca de Urbino li mandava socorso. Che non è vero ch’el duella d’Urbino li sia stato ^0 in palese contra alli spagnoli, e che lui à presentito non esser alla divotione di franzesi se non Furlì, Ravena, Fayenza, Imola e soi castelli : in questo modo li mandò in campo vitualle et alcuni danari. Hano imposto, tutte le forteze si tengano per il santo padre Julio. La forteza di Ravena, quando lui si partì, aveva rispósto ai franzesi che ademnndevano la forteza per la Chiesa, el castellano e tutti i soldati clic ve sono dentro, bulono fora el stendardo della Chiesa e disseno che nui la feniani per la Chiesa ; e si partirne: tamen frantiosi erano per tutto, sparsi per quelli castelli. Di poi che mi sono a Ferara, ò inteso, Rimine e tutti quelli lochi di là esser alla divotione dii papa Julio; del ducila di Ferara, non ho inteso che lui sia in Corezo col Pelisa, né ch’el vada in Pranza ; ma questo ho ben inteso che se metevano in ponto per venire a trovar le vostre giente; et cossi cl fiolo di missier Nicolò ch’el proveditor di San Marco à con lui, dise averlo inteso. Sichò provedeli al falto vostro e presto; non siate neglegienli e slimate sempre el compagnio se voi non volete perire, et abiate a mente a Padoa, e non dormite, chè voi sarete destadi. Perdonatimi che, missier Alexandro, ve parlo con segurlà, perché non vorei che voi per-disti; i frantiosi sono presti, e vo’ el vete. Tuto dì da-rano nome di andar a Bologna o a Roma, o in Frantia, e poi a l’impervisa l’areti voi a le porte, a’ vostri danni ; e però retiratìve a li lochi seguri etc. Al fato, di morti di spagnioli ciercha a qualro milia ; di francesi otto milia ; cossi à una bona de-scriptione di capi. Dise che uno frantioso à ditto che di trentadue capi non è campati se non cl Pelisa ; tuta giente fiorita è morta ; ma dise che una gran gienle v’è ancora di francesi, siché si po’ dire, se son | molti periti, v’é di francesi. Copia de la depositione di frate Constantino 81 di l’bordine di Servi, circa il successo dii conflitto de’ spagnoli con francesi e di le cosse di Bavena e tutta Romagna, fata a dì 23 aprii 1512, lecta in Colegio et in Pregadi. Notifico io maestro Constantino da Parenzo, di Servi, fidelissimo di Vostra Sublimità, venuto da Ravena, dove ho predichato nel domo, e partito luni proxiino passado de lì, e passato per el campo dei nimici e partito da Arimano mercore proximo passado, le infrascritte cosse et brevemente, perchè a