459 MDXXX, ACOSTO. 460 cosa mirabile, et durò ben meza bora. Poi derno foco al vaso, dove erano le role che pareva fosse un molino, et durò molto, et per Dio era cosa trium-phol de veder. Et poi de mano in mano se derno foco a li castelli et al gigante. Poi tirorno la nave nel mezo del poydromo, et picato il foco a la galea li andò cum gran furia adosso a la nave, et quella se difese ; et la galea tornò indriedo pur sempre tirando rochete infinite, talché un’altra volta tornando la galea adosso a la nave la giitò in terra, che fu una cosa mirabile da veder. Finito questo si diede il foco al serpente, che gittò tanta fìama per la boca che pareva una fornace. Finito questo et molti altri infiniti fochi de cavalli, homini, che andavano spandendo.fiame grandissime, il signor am-basalor Mozenigo, il qual era li soloc?m il magnifico Grilli, si partì, et lo acompagnassemo cum 12 lorze de libre 12 bianche* che fu cossa superba da veder, et tutti se maravegliorno, et venissemo a casa. 277* Questa mallina rifornassemo li, dove che già eran preparali da 100 cavalli, li quali tutti havevan li archi el broohieri et similare et lanze, li quali co-revano a doi a do fino al capo del poydromo, dove in Ire lochi erano posti alcuni lavolazi largi come è uno laier da laiar in tavola, al pe’ de li quali era un monte de sabion ; et così correndo tiravan tre frpze ne li dilli lavolazi avanli arivasseno al capo, che era cosa bella da veder. Dapoi questo tiravano indrieto et poi in terra; poi correndo cardavano l’arco, et lo descargavano pur tirando le 3 freze. El eravi uno che portava 3 lanze, 3 brochieri el 3 semilare nude, et cum l’arco etiam tirava le tre freze. Poi comenzorno ad corer ad 4 a i cum lanze, et poi andorno ad afronlar uno castello, qual era lì, che haveva dentro molla fantaria, et etiam homini armadi a cavallo; et dando la bataglia, il castello tirava molla arlellariar, saltando fora li cavalli a la scaramuza et li fanti, et pigliavano de 1’ una parie et de l’altra, talché conlrastorno più de una hora. Pur a la fine quelli de fora pigliorno il castello, et cussi poi oorendo fra loro feceno uno bel bagordo, et finito noi venissemo a casa. Altro non ze per adesso. Copia eie una lettera de missier Martino 278 Agrippa agente del signor vice legato di Bologna, scritta del campo sotto Fiorenza a dì 11 agosto 1530, al prefato vice legato il profhonotario di Gambara. Reverendissimo monsignor. Il signor Malatesta protestò a Fiorentini volersi partir se non se risolvevano in rispondere a le risposte nostre a Cercio Guercio et Francesco da Fabriano, subito. Et tardando essi, el lui mostrandoli li salvicondutli havuli de qui per uscire, se mise in ordinanza dicendo volere in ogni modo uscire con le genti. Li magistrati, inleso questo, li mandorno Andriolo Nicolini, uno di quadro comissarii generali de la città, con tre allri, qua! parlò molto aro-gantemenle, donde il signor Malatesta entralo in colera li delte una pugnalata ne la testa et due stoccate; pur ancor non è morto. Li allri si fugirno non volendo il signor Malatesta se offendesse. La milicia se mise in arme, et li magistrati si impaurirne, dove, liberato Zenobio Berlolini, qual have-vano sostenuto come suspelto lì, el mandorno a dire che voleano fare quanto lui volea et non li lassasse in preda a li nostri, et ripliasse il bastone del capitaneato che lui haveva mandato a rendere a loro. Cosi se acquietò la cosa, et quella sera me-dema, che fu l’altro beri, elessero ambasciatori*de mandare fuori, missier Bardi Allovili, Jacomo Morelli, Lorenzo Stroza et Piero Francesco Porlinari, che beri malina uscirno. Et tandem si fece una certa forma de accordio, quale loro portorono seco per comunicarlo con li magistrati ; imperò prima Malatesta ha levalo la milizia de la piaza et messovi de li suoi. Questa mallina poi siemo mirali in Fiorenza secretamente, ma la venula del comissario, idest Nicolò (Baccio) Valori, non si è polulo nascondere, et tutta la città é concorsa a lui, et in molli lochi si è cridalo: « Palle, Palle ». Li sostenuti trovassimo liberali sino heri sera quid plura al dispetto del signor Stefano Collona et signor Malatesta entravamo ne la camera. Tandem missier Bardo et Lorenzo Slroza al lardi sono tornali, dicendo li capitoli esser stati aprovati da tulli li magistrati, che dimane uscirano fori con li mandati opportuni a stabilire il tutto, et manderano Bachio Cavalcanti a Nostro Signore. Sichè vostra signoria intende che tutto é concluso, et la cillà è de Nostro Signore, al 278* sicuro, senza strepito. Laudalo Dio et signor Lorenzo, idest de Medici, patrono de la casa nel cui dì