347 MDViii, 17'2 Co) ia di la letera dii signor Bortolo d’ Al-viano a la Signoria nostra. Scrive di la rota data a’ todeschi. Serenìssime princeps. Me par conveniente eossa rendere conto ad vostra serenità del modo del nostro combatere, acciò quella, col suo sapientissimo juditio, possa ben comprendere, che le victorie consistono in la virtù del capo et ile pochi electi, el non in la multitudine; el ancora che più volle sia slà vislo, pure in questa, come ini provi recente, se potrà meglio considerare. Per il che confortare sempre vostra serenità ad fare ogni diligentia per bavere di questi, et non confidarsi in la quantità, ma in la qualità. Venuto el nostro magnifico proveditore ad Civi-tale, io parli’ da Cardona, et veni per consultare l’impresa con la sua magnificencia. El quale, prevedendo di quanto momento era la perdita ili Cadore, et che, lassandolo cossi, per ogni movimento che dal canto del I'riul veniva, era bisogno tentare di qua, el, subito tentato, si perdea cl belunese, el feltrino et Seravaie, et per questa via todeschi se ne calavano per la più breve in trivisana, et per conscquente re-slava cl Friuli excluso et perduto; animosamente convenemo insieme essere neccessario far al minto de Claudio, et con celerità grandissima conciudemo insieme questa expeditione, non fugendo nè dificultà ile monti, nè de tempo, nè anche el periculo della Intaglia ; et sua magnificencia restò ad spingiermi le gente et fare Iute le altre provisioni, che certo nè mancho animo, nè sollicitudinc bisognava. Et cossi, a li 28 de febraro, la malina.per tempo, el sua magnificencia et io ne trovamo a la Multa, cl col nome de Dio pigliai lo camino, restando sua magnificencia mal volentieri; al che io lo astrinsi. Essendo alla Muta, de due vie si bisognava pigliare l’una, per andare in Cadore ad trovare li nimici. L’una, quasi per levante, per la Piave in su, che riesce alla Cardona et Perarolo, villa soto Pieve miglia due, in la qual villa è un ponte sopra la Buila, che è l’aqua vien da Bolistagno et intra ini Piave, el quale conveniva passare andando per questa via, la quale fino ad questo ponte era più facile. El conveniva de dui vie, che a diclo ponte arivano, far una : oquella de la Pieve proprio, el questo è asees;» per uno miglio rei circa, slre-lissima, et non posseva farsi che li nimici non lo ha-vessero inteso; o.vero salirea Valle per erta via et diilicile, ma non tanto, e pur dubia, che nou se venisse a sentore delti nimici, et scoperti sariamo marzo. 348 stati presi. El per evitare questo pericolo, pigliai alla Muta l’altra via, la quale va in Zoldo, quasi per tramontana, ma difiìcilima et mollo più longa ; imperilo in la sua dificultà era sicuro de’ nimici, et ve- 1 niva ad calare ad Zibiana et Valle con avantagio fine 11; el arrivamo in Zoldo il lunidi, bagnati el morti. La note, venendo lo martidi, cadde una grossa neve, in modo che fummo sforzali stare li, con poco pan et aqua, el martidi, el quale dì io consumai in fare rompere la neve, con tanta faliga, che mai Unita ne provai. El mereordì ad terza io inviai le gente ad quello camino. El sapia vostra serenità, che haveva meco circha 100 homeni d’arme et circha 220 balestrieri a cavalo, et non ultra 170 stradioli, fanti in vero erano 1500 im più; et per luto el mereordì, et la noie sequente tutta, non potè arivare la compagnia a Valle, che in luto erano 8 miglia de camino; el questo sollo per dificultà de l’erta del monte e delle neve. Questo camino se parte, mezo in ascendere el mezo in descendere. La matina, che fu el gìobia. a dì dui de marzo, dui hore nanli dì, la persona mìa fu in Valle; et prima haveva facto ocupare la Chiusa de Vcnasso, quale fu via de li inimici, venendo per Misurina ¡in Ampezzo, et de Ampezzo a dieta Chiusa. Gionlo a Valle, inissi mìe scolte versso Pieve, dove erano li nimici ; el poi atesi ad alogiare si quietamente, che li nimici non sentirono mai. Allogìati li stradioli, gente disordinatissima, eli’ ancora che ben fussero ad moni ti da me, misero foco in una casa ; per il che pensando, come fu, esser scoperto, fui sforzato spingere in ordinanza le nostre gente a la volta ile ì nimici, cossi slrachi, che certo mia opinione era lassarli arivare tulli, et refresearli con un poco de quiete, che altro non li posseva dare, lassando alcuni ad remediare al foco. Li nimici, per questo, come ho diclo, se aeorsero de noi ; et poco de poi che io haveva relracle le gente, aspettando li altri, essi, dubitando non essere messi de mezo, aleuto die ’1 di a valile havevano scoperte le gente del Friuli, careo-rono lhoro cariagi et artigliane, el con uno bello ordine se ne venero a la volta nostra, con inlenlìone passar via el farse la strada col ferro. Le mìe vedette advisarono, et a pena liebbi tempo de ordinare li mei. Et vedendo che pigliavano versso el monte sempre, et io al monte me acostai, spensi tuli li stra-dioli e lì mei balestrieri, con hordine che li slra-dioti li pungessero dentro. Il che fecero bene, et li tolsero tutti li cariagi ; et Cirdillo, colli mei ballestrie-ri, dove era la persona del signor Haniere, gli tolsero le artigliane, el poi continuo li venero batendo el fianco, cosa che molto li alerri. Spensi ancora Fran-