387 mdxxxi, a questa cilade et haver veduto la corte di Franza in quella grandeza et in quella pompa che è possibile magiore, et similmente penso che vostra signoria et tutti li mei amici ne habbiano a prender stimino diletto et piacere. Et perchè anco magiore lo sentiate vi scriverò qui sotto, ma perhò brevemente, et de la grandeza, richeza et belleza di questa magnificentissima citade, e poi dille giostre et combalimenli et, ultimo loco, di la coro-natione, et solennissima, di questa serenissima regina apresso la ditta cita de Paris, benché pensi che da altri de li nostri ambassatori et gentilho-meni questo ¡stesso sarà scritto più ordinata et copiosamente; ma sia come si voglia, io non ristarò di participare con voi de li piaceri mei. In -questa citade adunque gionsi alli 11 dii passalo, dove in compagnia de uno gentilissimo genthilomo italiano, col quale ho fato sempre questo viaggio, infino al principio dille giostre hebbi comoditade di visitare li templi et chiesie, di le quali così come non vi è numero cusì et non ve ne sono che dui o tre che siano belle, zoè grande, et che habbiano del buono di vedere, alcuni col-ìegii de scolari che sono infiniti, et le strade et pallazi principali, et circuire la citade tutta et finalmente, havendo voluto veder et intendere più che mi è stato possibile. Io trovo, benché ogni cosa sia molto minore di la fama et di quello che questa gente dice, questa citade perhò non esser da comparare in niun conto a niuna altra che habbia veduta già mai, excetuando Venetia che, per la divinitade sua di esser posta in aqua, è sola per quello et senza exempio. Questo eh’ io dico non è tanto per il circuito di questa nobilissima citade, che è grandissimo et tanto almeno quanto è quello di Venetia et per iuditio de l’ochio et la coniec-tura dii caminare, quanto per la frequentia di le case, non tanto per la gran moltitudine dii populo che è di certo da tutti tenuto esser il doppio almeno di quel di Venetia, quanto per la gran copia di tulle quelle cose che 1’ homo si pò ymagi-nar et desiderare, sì per il fiorentissimo gymnasio et studio che è sempre qui, come per altre infinite et degne condilioni, le quali corno bora a me seria noioso a racontare particularmente et a voi udire, così et a 1’ uno et a l’altro serà gratissimo di narare a bocca più a pieno et a l’altro di udire, se il signor Dio piacerà che si habbiano a rivedere et ritrovarse insieme. Hora, per venir alle giostre, voi havele a sapere che a quelle si dete principio alli 23 dii passato, et APRILE. 388 6 giorni continui se giostrò a la si issa. Li mantemtori erano 6 genlilhomeni et signori, et tra questi quelli dui italiani, l’uno il conte di Novolara mantuano et 201* l’altro monsignor di Ambres neapolitano; il socor-so era de altratànti, tra quali v’era il serenissimo re, il Gran metre monsignor di Momoransi et il re di Navara et lo armiraglio. Li quali 12 havevano a giostrare contra tutti che vi venisseno contra, che sono stati moltissimi, imperoohé ogni dì vi sono entrate tre compagnie di 10 in 15 genlilhomeni per ciascuna, tutte vestile a diverse livree di seta, con le coperte similmente delli cavalli, che faceva bellissimo vedere. Et li capi de ditte compagnie sono stali puti figlioli dii Serenissimo re et de gli altri maggior principi de Franza. Delli quali giostranti, chiamano assailans, quasi assaltanti, ciascuno haveva a giostrare 6 volle et poi a partirse : hor pensate se li mantenilori havevano da fare, che, se non fusseno stati valenti et forti come sono, non haveriano potuto durare. De tutti li mantenilori et giostranti etiam il re, per iuditio di lutti, ha portato sta palma, perchè ha meno falito et più gagliardamente rota la lanzia sua, et così come Sua Maestà è sopra gli altri egregia di nobiltà et richeza et dote, così etiam di valore et d’ altre nobilissime conditioni pare che sia sopra gli altri. Si hanno veduti dui gran casi: tra gli altri l’uno fu quando un genthilomo francese per una grandissima percossa di la lancia de l’inimico se distese sopra la groppa dii cavallo, el quale perhò non restava di corere, et se presto non si havese preso il cavallo el alciato l’homo levandoli 1’ elmo, facilmente se ne seria morto et scavaziato il collo; l’altro fu per il tronco di la lanzia rotta dii conte de Novolara che, rolta la maglia apresso al collo, è entra nel pelto ad un francese tra la coracia et lo elmeto et lo ferì di tal sorte che è sialo tenuto morto alquanti dì, pur è guarito et for di periculo. Finita la prima impresa dilla giostra con la slissa, se incominciò la seconda che era di corn-bater con le spade a cavallo senza slissa, parte ad uno ad uno, a dui a dui, et a maggior numero come piaque a li tenenti, et in questo se vidde grande agilità de alcuni cavalli et genlilhomeni. Et quelle medesime compagnie che erano state alla giostra venero et al combatimento ditto, il quale durò dui giorni, et fu bello da vedere, non tanto per la agilità che monstravano li boni cavalli et li boni cavalieri, quanto per la forteza de alcuni che, havendo rolta la spada loro, si sforzavano di prender per forzia quella dii compagno, et come si haveano dato per un pezo, subito erano divisi et separati.