— 24 - zionale, che ivi s’incontrano alcuni de’ tipi più puri della razza illirica; mentre ivi purtroppo il suo sviluppo, salvo nuovi sconvolgimenti della carta balcanica, si palesa attualmente più spezzato, esposto ad una lenta agonia sotto la pesante croce degli slavi meridionali. Questi anzi, come i greci, hanno ardentemente rivendicato in nome del diritto nazionale oltreché dei proprii bisogni economici molta parte degli stessi territorii assegnati or ora alla più ristretta regione geografica albanese, proponendo di risecarne una Albania ancor più piccola, popolata appena da tre o quattro centomila persone. Per allargare il Montenegro, si doveva privarla del centro più popoloso, Scutari, e della sua montagna; per dare un porto alla Serbia, falcidiarla di tutto il ramo settentrionale del Drin detto Bianco, della sponda sinistra del Drin riunito, della Zadrima, del territorio fra Bojana e Drin col porto di Medua, magari anche fra Drin e Mati con Alessio (oggi non più porto, ma prossimo al mare); per contentar la Grecia, amputarle una zona imprecisata di territorio dal golfo d'Arta al Glichis, al Calamas, agli Acrocerauni, con Prevesa e Giannina, Delvino e Santi Quaranta, magari anche con Argirocastro e Coritza nell’interno. Lo stesso residuo ineliminabile circoscritto nel poligono Durazzo — Tirana — Elbassan — Berat — Valona appariva una graziosa concessione. Un brillante polemista balcanico, in uno scritto del resto assai pregevole per notizie sulla politica segreta dell’Austria (1), è arrivato a sostenere che l’esistenza dell’Albania e degli albanesi è tutt’ al più comportabile nella ristretta valle del Mati, fra Durazzo ed Ales- (I) Balka nicus Le probleme albanais, la Serbie et l'Autriche — Hongrie, Paris, Challamel, 1913,