155 JUOXXX, DICEMBRE. 156 di X qu, sier Nicolò, da sier iliroiiimo Barbarigo e sier Marco Minio stali Consieri. Item, di Santa Cro-xe, sier Nicolò Trevixan fo consier, da sier Piero Landò fo capitanio zeneral da mar et sier Polo Tri-vixan fo consier. Et altre 7 voxe. Et io ialiti in la terza a danno di qualche uno al qual io li son ubli-gà di voxe. Fo publipà, tutti quelli hanno Monte novissimo e dii Subsidio a ducali 46 el 100 et da lì in zoso vadino ai Provedadori sora i Monti a luor li sui danari perchè non li corerà più el prò. 76* Fu poslo, per li Consieri e Cai di XL, atenlo fusse sii dà licentia per uno mexe alti Avogadori di Terraferma di poter venir in questa terra per alcune cose a beneficio di la Signoria nostra, el ba-vendo zà dalo principio, per tanto sia preso che li dili Avogadori possino slar in questa terra per tutto il mexe de Fevrcr proximo, ut in parte. Fu presa. Ave : . . . . Et noia. LI ditti Avogadori, sier Anzolo Gabriel, sier Alvise Badoer et sier Stefano Tiepolo, fono questa matina in Collegio a rechieder questo, i qual, expedito la causa di Loredani, voleuo le Quarautie per meter di retenir alcuni altri, tra li qual sier Zusto Guoro fo capitaria a Bergamo. Da Constantinopoli, di sier Francesco Bernardo baylo, vene lettere di là Octubrio, venule per via di Ragusi. Scrive esser zonlo lì il Signor con il magnifico Imitraim a dì 6 di Octubrio, tornalo di la caza fata el sui piaceri. Fo a visitation di Imbraim e li comunicoe quanto havia di la Signoria di nove, et di liocorno se li mandarà etc. Scrive coloquii Itine inde dicli. Et havendossi esso baylo doluto che le nostre galìe erano andate a Barulo et in Alexandria per aver specie e che, stante il comandamento dii Signor che le fosseno mandate in Constantinopoli, dubitava lo non poiria cargar, unde Imbraim ordinò comandamenti in la Soria et in Alexandria che nostri mercbadanti potesseno conlratar per questa volta, ut in litteris. 1 qual olacbi si partirono a dì 14, eh’è quel zoruo. Item scrive come havendo ditto al magnifico Imbraim cha l’imperador, non polendo adatar le cose luthe-riane, voi si fazi Concilio, e Imbraim disse, il papa mostrerà di volerlo, ma non lo vorà, con altre parole, ut in litteris. Di Roma, vene t irdi lettere del Surian ora-tor, di 29 et 30. In conclusici), come in concistorio il papa havea promesso di acelar de far il Concilio, iusla quello li ha manda a dir Cesare per don Piero di Cova, et voleva mandar a l’imperato!' per uno suo nonlio, et steva in pratica uno di tre, o l'ar-ziepiscopo di Capita, o l’arziepiscopo di Brandizo. eh’ è persona dotta, o il vescovo de Chicli eh’ è qui a Venetia, et par sia risolto in mandar l’arzivesco-vo di Brandizo domino Ilironimo Aleardo. Scrive, ■di Fiorenza esser avisi come li X haveano fatto laiar la lesta a do altri di 6 relenuli, olirà li tre che a 1’ ultimo de octubrio avanti zorno forno dicapitali, zoè Alvise Soderini et Zuan Balista Cei, i quali sono stali di X, et Rafael Hironimi fo confalonier P hanno confinalo per 3 anni in la rocha de Volterra. Item, hanno messi al confin alcuni, come par in polize scritte in le lettere, le qual saranno qui avanti, con darli termine a partirse et tanti zorni andar et mandar la fede del confin eie. Ha confinato uno . . . (Nicolò) Carduzi in questa terra et uno altro a Verona, et questo per 3 anni et, compili, non se possino partir senza 8 balote di 10. Excmplum 77 brevis Fapae ad Ducerti Venetiarum. Clemens Papa VII Dilecle fili salutem el aposlolicam benediclio-nem. Expeetavimus haclenus summa cum animi nostri solliciludine et pio desiderio ut presenlia et auctoritas diarissimi in Christo filii nostri Caroli romanorum imperatoris semper augusti, nuper iu convenlu generali tolius Germaniae per eum Auguste celebrato beresiam lulheranarn tara late ser-pentem et pernitiosam estinguere ani sedare ali-qua ratione possct. Sic enim nobis ¡am inde in adventu ipsius Caesaris in Italiani spes facla fue-rat eius presenlia in Germania facile buie malo oceursuram. Ob eamque praeeipue causam nos lune Bononiam ad ipsum Caesarem in id cohor-tandum et urgendum quamquam per se animatum nos conlulimus, cuius spei nostrae effectum si a Domino consequi meruissemus non soluin tot milia anìmarum quol in ¡Ila heresi periclitantur Deo lucri fieri et sancla nostra religio ab illa tabe nunc et in posterum emundari, sed etiam facile remedia necessaria àdversus lurcarum incursus et mi; nas in dies. invalescentes expediri poluissent. Sed cum et ex dicli Caroli imperatoris el es Legati etiam illie nostri, quem de dita opera illue misimus litteris, id quod tuae Nobilitati etiam notum cre-dimus, inlellexerimus nihil per ipsum Caesarem potuisse in ea re confici onmesque spes illoruin ad sanitalem Teducendorum ab co fuisse obieclas