— 98 Avrei una litania di agitatori assai noti da nominare, i quali sono in qualche modo legati per i loro stessi rapporti familiari agli organi dell’influenza europea ; ma è indispensabile rilevare che questa ha semplicemente esercitato una funzione educativa e che i suoi allievi maggiorenni sfuggono ormai alle sue ali. Non è forse lontano il giorno nel quale la creatura dell’Austria e dell’Italia riserverà qualche sorpresa a quello dei suoi genitori che pretendesse istituire una troppo egoistica ipoteca sulla sua esistenza. Fin dai primordii del secolo XIII, quando i mari d’O-riente si riaprono all’Europa, fin dal periodo delle crociate che conducono momentaneamente a Bisanzio i cattolici latini, fu Venezia la prima potenza occidentale che nutrì rapporti costanti coll’Albania. Non è senza significato rilevare come la bibliografia albanese si apra con un numero veneziano, col racconto cioè dell’assedio di Scutari, quando nel 1474 (e nel 1478 una seconda volta) gli albanesi ebbero a difendere contro i turchi la loro città tenuta da un procuratore della Repubblica di San Marco. Ed ancora è l’Italia il paese dove Skan-derbeg aveva fugacemente partecipato alle lotte del Regno di Napoli, dove a Roma fu ricevuto solennemente da un papa come strenuo soldato di Cristo e donde attese sempre direzione ed aiuti. Ivi si elaborava pel mondo cristiano la santa gesta dell’eroe albanese, diffondendola con numerose traduzioni per tutta l'Europa. Ivi essa più appassionò, andandosi a ricongiungere naturalmente col vecchio fondo romanzesco delle lotte contro i saraceni, rinascente nella tarda crociata di Lepanto. Da quell’epoca in poi, Venezia seguitava anche nella sua decadenza in faccia e sulle coste di Albania a tenere il posto dell’Italia fino a Campoformio, quando il tesoro dei