- 57 — ancora di parecchi contorni la carta dell'impero Ottomano, assegnandoli più o meno capricciosamente a Serbi ed a Greci, si fece sentire durevolmente nell’interno e special -mente nelle provincie albanesi che per la prima volta ave-van preso la parola con memoriali alla diplomazia, specialmente inglese, con pubblicazioni politiche come quelle di Wassa effendi e con la missione del Frashèri e del Vrioni al Congresso, inascoltati quasi quanto la leggendaria missione lucchese presso quello di Vienna. La immediata efficacia di quest’azione scongiurava però la vendita di Giannina alla Grecia e coll’armi alla mano fermava i serbi del Montenegro davanti a Piava e Gussigne. Ma lo sdegno nazionale che scagliava il piccolo esercito albanese a frantumarsi sul piano di Cossovo la primavera del 1881 contro i quaranta battaglioni turchi di Dervish pascia, mandati a reprimere questi insofferenti nizzardi dell’Albania, sopita la guerra, doveva tradursi in tutto un lavoro di preparazione intellettuale delle coscienze. Il movimento era per allora perfettamente lealista e fu savia politica mantenerlo tale, finche la necessità dell’opposizione non sorgesse dagli ostacoli incontrati involontariamente anche su questo terreno per parte del governo. Verso la metà del secolo scorso, non esisteva più di una cinquantina di libri scritti in albanese; ora essi superano il migliaio. La curiosità bibliografica d’un primo abbecedario albanese, quello di Naum P. Veqilhardjit di Colonia, rimonta al 1845; ma il primo libro di lettura per le scuole usciva soltanto nel 1879 a Costantinopoli sotto gli auspicii del Sultano, ad opera di quelli stessi patriotti, come Sami Frashèri ed Abdyl Frashèri, che dovevano scontare con anni e anni di esilio e di fortezza il tentativo di prendere in mano le sorti dell’integrità morale e materiale della pa-