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mente rifugge. Di qui, una difficoltà di comunicazioni interne fra tribù e tribù, sopratutto nel senso trasversale, che ha insieme contribuito ad isolare il popolo albanese dall’Occi-dente e a mantenerlo frazionato in piccole unità locali debolmente unificate in un superiore concetto religioso o civile. È stato notato da altri il particolare che nella serie di catene le quali solcano l’Albania, più elevate ed impervie son quelle vicine al mare, mentre invece più facili aditi presenta lo spartiacque fra il Mar Nero e l’Adriatico e fra l’Egeo ed il Mar Ionio. Per indistinto valico si passa dall’uno all’ altro bacino, specialmente attorno alle sorgenti dei due rami del Drin nel pian di Giacova e di Prisrend (Mètohia) da una parte e dall’altra sull’altopiano di (Derida, più a mezzogiorno. In quest’ultimo occhieggiano senza pendenza precisa dei profondi laghi, fra i più belli dell’Europa, alcuni dei quali esteriormente volti al Mar Egeo scolano però ad occidente traverso anfrattuosità carsiche.
  Per queste due grandi depressioni aperte a mo’ di finestra verso la Macedonia fu agevole la strada a tutti gl’invasori, i serbi, 1 bulgari, i turchi, che vennero a formarvi una di quelle zone nazionalmente grigie, mancanti in altri confini di più netto taglio orografico.
  Tenuto conto di questi caratteri generali del paese, resta pur sempre possibile individuare una regione una e solidale oltre Adriatico, alla quale spetti il nome bizantino di Albania e di definirne dei confini naturali basati sullo studio morfologico del terreno. Il suo termine orientale cadrà allora naturalmente sullo spartiacque, di là dunque dai bacini di Ocrida che ha per emissario il ramo meridionale del Drin detto Nero, di Ventrok e di Malik onde si forma il Semeni, di là anche da quello chiuso di Prespa, di là da quello di Giannina dal quale esce il Calamas. Quanto