— 108 - Ma all’ombra dello accordo a due i dissidii riscoppiano più acuti che mai, quando le due influenze morali ed economiche tornano a cozzare, complicate dal nuovo elemento del nazionalismo indigeno che appunto dal 1896 riprende più vivace che mai il proprio cammino. Coll’alba del nuovo regno, in Italia torna a passare un soffio di speranze e di benessere : contemporaneamente si riconquistano in Albania le posizioni improvvidamente abbandonate. Tutti ricordano le vicende della politica di Pri-netti il quale alla scadenza della Triplice indice come una dimostrazione delle grandiose manovre militari sul confine austriaco nel Friuli. Una importante discussione sul bilancio degli esteri del 1902 confortava il ministro alla riapertura delle nostre scuole, alla riattivazione dei commerci in Albania, come arma di difesa contro l’espansionismo austriaco. In essa il Bovio proclamava nitidamente i principi una politica italiana più virile nei Balcani: " T^eputu dannoso all’Italia l'inorientamento dell’Austria, per forza espansiva delle altre due razze, la slava e la germanica, e stimo conveniente alla tutela del nostro diritto sull’Jldriatico — mare italiano — che l’Albania sia degli albanesi, e che l’Jlustria non sottentri al Turco a Salonicco. In una lega latina l’Jll-bania ha un posto naturale per se e come ponte tra l’Italia e la Romania, ma non può entrare nella lega se non come stato autonomo. Chiedo sulla questione albanese risposta chiara al Governo. Io chiedo al ministro italiano parole che contrappesino quelle del cancelliere austriaco. Questi ha detto che non permetterà all’Italia alcuna ingerenza politica nell’Albania e il ministro italiano risponda che tale ingerenza l’Italia non può permettere all’Austria. Le parole che Met-ternich or fa sessantanni scrisse all’ambasciatore in Atene " esser deliberato che tutto il paese a Occidente da Bel-