— 106 — che crea nell’istituto geografico militare di Vienna la cartografia albanese, che fonda una speciale Commissione balcanica, che esplora il paese in ogni senso, fabbrica manuali poliglotti e collezioni scientifiche d’ogni specie. La stessa politica ecclesiastica si fa più aggressiva, dedi-candovisi buona parte dei "fondi disponibili" assegnati al barone Kallay ministro delle finanze e governatore della Bosnia, dei quali egli non ha mai discusso un bilancio dettagliato davanti alle Delegazioni, utilizzando i mezzi della Leopoldiner Stiflung. La Bosnia negli spiriti militaristici e diplomatici austriaci del tempo è una prima tappa e come la stazione d’avanguardia per la calata in Macedonia dalla quale si prenderà poi al rovescio l’Albania, dove frattanto si moltiplicano scuole, parrocchie, consolati, ufficii postali e linee di navigazione. L’Austria affila meglio le sue armi perchè l’Italia di Crispi, non più del pellegrino astratto e rivoluzionario del '71, ma del nuovo formidabile uomo di stato già l’incalza e la serra dappresso. Fra le sue carte è stato trovato un pressante invito ad agire direttogli per mezzo del console di Giannina nel 1895 da un capo albanese del Sud: sotto la Turchia non si vive e se l’Italia resterà inerte gli albanesi si daranno, per disperazione, alla Grecia. Crispi ci pensa attivamente, pianta scuole contro scuole, consolati contro consolati e cautamente tenta anche la penetrazione del clero favorendo i salesiani e le suore d’Ivrea; stringe relazioni coi grandi bej di Valona. L’Austria dal canto suo si difende : arriva nel 1896 a far interdire le nostre scuole dall’autorità ecclesiastica, privando sia il personale insegnante che i parenti degli alunni dei sacramenti; la sua censura postale osa rinviare col timbro ‘Proibito negli stati e Impero austriaci pubblicazioni di ca-• ratiere politico inviate ai Consoli d'altre nazioni; provoca