— 162 - navali di uno stato. Che lungi da essere un fattore di sicurezza e quindi un elemento di economia, essa costituisce quasi sempre una necessità di nuove difese e il punto di partenza alla richiesta di nuove spese militari e navali. Staccandoci da costoro, bisogna erigere a supremo postulato della nostra azione nel paese sorto colla collaborazione dell’ Austria, ma dove ora le nostre vie si dividono così nettamente dalle sue, la resistenza alle suggestioni immorali che potrebbero venirci per una spartizione. Noi abbiamo eguali interessi nell’Alta e nella Bassa Albania; l’Austria no. Scutari in dieci anni è stata permeata d'istituti italiani; a Durazzo le nostre scuole han pompato gli alunni di quelle greche ed austriache già fiorenti ; gli austriaci a Valona non hanno nulla. 1 nostri ufficii postali son frequentati; le simpatie si volgevano a noi e dietro le bandiere e le scuole la merce ritrovava le sue vecchie strade. L’Austria disinteressandosi della Bassa quindi non perde nulla, perchè dal 1897 vi era in costante regresso di fronte a noi, mentre noi le sacrificheremmo graziosamente nel Nord un campo conquistato in virtù della nostra speciale situazione e del nostro lavoro. Senza contare che anche la metà a noi assegnata ci costerebbe una dura guerra, una seconda Cirenaica, mentre ci metterebbe in rotta per sempre con tutti gli altri stati balcanici e forse colle Potenze della Triplice Intesa. Notava, qualche mese fa, fonte poco sospetta, un corrispondente del Temps che l’Italia è la grande potenza contro la quale il popolo nutre meno odio, fin nelle più remote montagne. Ed un capo della tribù degli Hotti diceva poco fa a Scutari che una sola fra le grandi potenze è vista di buon occhio: l’Italia. Ma aggiungeva: " Però nel caso in cui l’Europa, nel suo complesso o per mezzo di un suo man-