419 MDXXXIII, per la venuta di do cardinali francesi, i quali da poi disnar andorono dal Papa, et acerlò Soa Santità di la bona mente dii re Chrislianissimo verso lei et la Sedo apostolica, et pregava non volesse consentir a innovar alcuna cosa in preiuditio dii suo re, benché si potrà ben conservar quando seguisse il contrario et saria sforzata usar queli expedienli che fosseno a proposito di 1’ honor et cose di Soa Maestà. E opinion questi esser stà destinati per far cessare ogni pratica zerca il concilio. Altro non si farà prò mine, salvo si scriverà a li principi chrisliani con le exortalion conveniente et requisitimi dii parer * loro in la materia. È giolito de qui uno da Prato capilanio di gente cesaree, vien da Napoli, referisse il principe Doria esser gionto de lì et l’armala et lui doveva venir qui per terra. Domino Juliano da le Specie, venuto questi zorni di Zenoa, aderma de lì esser zonlo navili grossi, et cussi zonzeria di zor-no in nomo. Si tien Cesare habi a partir presto de qui, et di la risposta nostra zerca la proletion de Zenoa se riporta quanlo scrive li oratori : li cesarei non se ne salisfano molto come fano li pontifici, ma si tien che aceterano la oplima mente di la Signoria nostra per li rispeli necessari eie. Di do oratori Vcnier et Contarini, di 7, hore 5, ricevute a dì 10 dito. Heri matina ricevetene le letere di 4, scrilecon il Senato, io Vcnier eri malina avanti capella fui dal Pontefice el a parte a parte li expressi quanlo in dile lelere si conleniva. Soa Beatitudine udì atenlamente, et disse lei si satisfaceva et che l'animo suo non tendeva ad altro fine salvo di la pace o per la via universal over confirmar ben la presente pace de Italia el liga. Li dissi poi li avisi di Costantinopoli di 21 novembrio che li fono grali. A li 3 zonseno qui li reverendissimi cardinali francesi Agramonte et Tornon et il dì da pò fu concistoro publico, dove fo recevulo il reverendissimo Tornon, con le cerimonie per non esser più stalo in corte. Dimandai al Pontefice quel li hano exposto, disse de la bona mente dii re Chrislianissimo verso Soa Santità et confirmar la dispo-sition del suo bon animo de non turbar le cose de Italia ; et in quela prima visita erano stali sopra amorevoleze ; et che il reverendissimo di Trento la sera inanti era stalo da Soa Beatitudine per non voler esser visto in altro habilo, et li disse in qual termine era il regno de Hongaria el di la discon-tenteza di queli signori, vedendosi si spesso esser invasi, et che pochissimi turchi erano rimasti per guardia di Hongaria. Et che il reverendo Griti era in Buda el il vaivoda in Transilvania, el dimandoe 420 aiuto per haverne, il serenissimo re di Romani poco poter nè da sé poteva far questa impresa, al qual havea risposto non era per mancar di quanto poteva et li rincreseva che tal cose non fusse in maior con-sideration apresso li principi chrisliani, quali con la pace potriano proveder a questo et allri bisogni de la religion chrisliana. Scrive, io Venicr visitai il reverendissimo Agramonle, qual disse haver inleso la risposta è stà fata per la Signoria zerca Zenoa, qual li era slà molto grata el laudava dicendo questo è bon principio de la pace universal, et haver dito al Pontefice il re Chrislianissimo non esser per mover arme in Italia et quando occoresse farlo lo faria con causa honesta, over con saputa di la Signoria, et che era per observar li capitoli ha Soa Maestà con Cesare, nè havea voler di haver Zenoa ciche haveva bandito zenoesi di negotiar nel suo regno, et disse si risentiva stesse in Italia uno exer-cilo armalo come è questo di Cesare. Scriveno, havemo inteso la duchessina neza dii Pontefice, qual si voleva dar per moglie al duca di Milan, diti cardinali si voleano risentir col Papa, perchè l’anno passalo quando esso Agramonte fo qui fo princi-pià a tralar di darla al duca di Orliens, il qual Cardinal si offerse da bon fiol et servitor di la illustrissima Signoria, lo Contarini heri matina andai a palazo per acompagnar Cesare in la chiesa di San Jacomo a una messa solene per la festa di tre Re, qual è consueto vadi con tutti li signori di l’ordine, nel cavalier poco fuori de la porta dii palazo, seguitando l’orator dii re Chrislianissimo a destra et io a la sinistra alquanto discosto del cavallo di Sua Maestà, quelli do fiate con la man et con parole ne comandò che ci accostassemo et accostati, il suo cavalo mi tirò un calzo nel piede destro, qual mi colse apresso la cavichia de una gran percussion, ma per esser io alquanto acoslalo non mi zonse con il fero. Cesare si accorse vedendomi mutar in viso, et mi dimandò se havea gran male, risposi era stà percosso et sperava la bota non sarebbe di pericolo. Soa Maestà videmi mutato di color, et mi comandò andasse a caxa. dicendo : ambasador, molto mi pesa et ne ho gran dispiacer certo. Et cussi tolsi licentia. Zonta Soa Maestà a la ehiesia, mandò el magnifico May con do signori a visitarmi, dicendo da parte de Soa Maestà che etiam mi mandoe da poi maistro Scoriano uno de li principal Soi medici et uno altro suo ceroico con tanta amorevoleza a 153 visitarmi. Io ringraliai, ma mi havea fato medicar et ligar da uno allro et non vulsi 1’ opera loro. Il male non è di grande imporlanlia et è senza rolu- GENNAIO.