— 85 - l’altra parte, cioè nell’amministrazione civile e militare dell'impero (lo stato maggiore turco p. es. era pieno di albanesi), sedeva al parlamento, si educava alla vita pubblica nei licei di Salonnicco e di Costantinopoli o si rinchiudeva nel lusso sdegnoso dei bei palazzotti medievali. Non si era consentito all’ Albania di farne l'esperienza. Questa è la verità. Gli insorti eran bastati però a scuotere la Turchia intarlata ed a rilevarne al mondo in Kacianik, in vai di Zem, ad Usküb la debolezza militare, ma non potevano fronteggiare il finimondo. Anche i più intelligenti di loro sembravano viver nel mondo della luna. Ancora ai primi di luglio del 1912, quando già re Ferdinando e re Nicola si eran seguiti così significativamente alla corte di Francesco Giuseppe, Dervish Hima, un personaggio che avrà certo una parte nella prossima vita politica dello stato albanese, interrogato sulle voci di una Quadruplice balcanica, mi rispondeva laconicamente : " Ce soni de blagues ". Incalzandolo io allora sull’opportunità d’un accordo in vista della liquidazione turca, replicava che ciò non entrava affatto nelle sue vedute, dovendosi far politica sulla realtà d’oggi e non già su delle remote possibilità. La situazione presente dev’esser perciò piombata sulla testa di quelli agitatori come una tegola dal cielo ed il loro atteggiamento che scandalizzava tanto il Comitato italiano Pro-Jllbania da indurlo a sciogliersi rilasciando agli albanesi una patente di cattiva condotta non stupirà più davvero chi conosca i precedenti. Assaliti oggi per la terza volta dal secolare nemico, essi si difesero cecamente nella difficilissima loro situazione, con un padrone sul collo ed un liberatore che minacciava di esser domani forse peggior padrone, coll'armi dove ne ave-