- 153 - in tutti i comuni dove ancora si parla prevalentemente un dialetto albanese. Sappiamo bene quanto la lunga incuria, aggiunta all’efficacia assimilatrice della nostra nazione, abbia esinanito e fatto ritrarre i confini di tali zone italo-alba-nesi; nè vogliamo tentare la resurrezione del loro carattere in quelle parti donde ormai sia scomparso irrevocabilmente. Ma crediamo che una sana politica, congiunta al desiderio di agire efficacemente pel risveglio dell’Albania transadria-tica, debba mirare al suo consolidamento in quelle regioni dove ancor vive e si dibatte, sia pur illanguidito di generazione in generazione. Nulla potrà certamente far dimenticare a quelle forti popolazioni la lunga giornata storica vissuta in Italia, dalla quale probabilmente non ripartiranno mai più ; nulla potrà loro far dimenticare il palpito unisono di cuori col quale parteciparono alla grande ora del Risorgimento cui diedero Agesilao Milano e Crispi e mille ignoti suscitatori del movimento liberale calabrese. Ma, anche se ciò per effetto di una loro rafforzata coscienza nazionale albanese fosse possibile, duecentomila cittadini di meno sarebbero per l’Italia un danno relativamente insignificante ; mentre anche poche migliaia d’uomini, maestri, operai, commercianti, uomini politici, agricoltori, scrittori, tutto un piccolo popolo di suoi figli, pur suoi figli adottivi malgrado il diverso sangue e la lingua, riimmessi nelle vene della nuova nazione albanese, rappresenterebbero per lei un incalcolabile vantaggio. In essi e per mezzo di essi, ecco sorgere a quanti si vogliono occupare in Italia dell’Albania un’ ultima possibilità, tutta privata questa, d’azione. Ciò che si va facendo nel Mezzogiorno ed in altre regioni più neglette d’ Italia per avvicinare i cuori nello studio e nell’ opera data alla soluzione dei problerrii regionali più gravi, va fatto con parti-