— 36 — lare. Discendente dagli antichi illirici, affine ai macedoni e ai traci, quasi un brano selvaggio dell'albero che diede frutto nell’ Eliade, questo popolo distese le sue genti dall’Adriatico all’Egeo e dalla Grecia sino alla valle del Danubio fin verso il secolo VI dopo Cristo, sempre sostanzialmente immutato. Scendevano allora le prime tribù slave verso le regioni balcaniche e le invadevano, or combattute, ora tollerate dai bizantini, ricacciando oltre Danubio i romeni (degli illirici latinizzati) ed assimilando varie genti, come i bulgari, di origine affatto diversa. Si stanziarono sotto la guida dei loro zu-pani lungo le rive dei principali fiumi, vi assunsero da Bisanzio la forma del cristianesimo in liturgie proprie; mentre si rifuggivano sempre più stretti ai monti gl’illirici, gli albanesi cioè, che da Roma ebbero latino il culto ed un’intensa corrente di influssi linguistici. Resta ancora sulla carta geografica delle vecchie diocesi latine nel cuor della zona ortodossa lo scheletro d’un loro organismo nazionale più vasto. Tradizioni che si spengono, particolarità linguistiche, antropologiche, religiose della Bosnia e dell’ Erzegovina, oggi focolare comune dei serbi, restano a testimoniare l'illirismo scomparso di quella regione. Lo slavo è quindi più d’ogni altro il vero nemico tradizionale dell’albanese; nell’odio di questo per lui par quasi di veder cristallizzata in istinto la percezione di un processo storico. Mentre venivan cedendo terreno agli slavi, gli albanesi (privi di costruttività politica propria fino al secolo XV) erano inclusi nei varii stati bulgari e serbi che si successero (pressapoco su identici territorii) sempre instabili, fragili nella base. Tali le vicende dell’impero bulgaro di Ocrida sopravvenuto come una fiumana travolgente nel IX secolo fra Du-