81 MDXJ» MARZO. 82 la cima ruinoe; et cussi dii 1347, a dì 25 zener, el zumo di San Paulo, come si leze ne le croniche nostre, fo in questa cita uno grandissimo teremoto, e cazè molte cime e camini, e la cliiesia di San Baxejo; e fo grandissimo spavento, come apar in letere marmoree sopra la scuola di la Carità. Poi seguì gran mortalitade, chè morì le do parte di Veniexia, «ì che al presente non era caxa che non habi sentito et patito qualche danno, non pcrhò da conto, perchè el durò pocho. Cazete la cuba di la toresela di la caxa di sier Nicolò Venier a San Vio, sopra il canal 37 grando. Etiarn molti camini di caxe ruinoe, e ai Carmeni cazete una caxa vechia, et amazò madre e fla ; ai Servi cazete alcuni santi di marmoro, erano sopra la chiesia ; a la Madona di l’Orlo cazete quella cima era davanti la chiesia, e sfondrò la chiesia. A la becharia, a Rialto, cazè quella parte dove sentano li zudexi di proprio ; a la dia’ Doro cazete la mila di le gorne, come apar al presente ; a San Lorenzo ruinò parte di la chiexia. Item, il muro di la chaxa da cha’ Morexini dove habita sier Zuam Badoer, dotor et cavalier; et 4 camini a la cha’ da cha’ Mi-chiel, cognominati i Malpaga, al trageto di San Barnaba, et in molti altri lochi, che longo saria a scriverli. Concludendo, tuta la terra fo in gran spavento, ma duroe pocho, che, si più havesse durato, sine dubio era grandissimo danno e ruina di questa ex-celentissima citade, da Dio editìchata et conservata fino il zorno presente, in agumento di la fede cristiana. A la Caritae cazete il Cristo di marmoro, era sopra la faza’ davanti la chiesia, e altrove fo danno, come per giornata se intenderà. Tutti erano sbalorditi da tanto teror : chi corse su li campi, chi su le strade, chi se messeno in oratione, chi non sapea che farsi. Io era in caxa e corsi su la via, e fu mal facto in tanta terribilità, quanta è questa di terra-moto. Et molte donne si amaloe et parte ne morì ; et done gravede parturì subito da paura, senza doglie, tra le qual la mojer di sier Thomà Tiepolo, è sopracomito, fia di sier Pangrati Justinian. Et è da saper, in questo zorno introe im pregadi domino Francesco Fasuol, dotor, electo canzelier grando nostro. Li 4 re marmorei caschadi di la chiesia di San Marco, sono 4 santi: San Constantin, San Di-mitri, San Zorzi et San Thodaro, tutti santi grechi, pareno re. Et poi la sera li piovani per le contrade comenzono a far processione atorno, e la brigata driedo con dopieri e candele in mano, cantando le letanie, chè era uno grandissimo tremor a veder ; e tutti stavano con pericolo, perchè questi terramoti suol durar qualche zorno. Et questa note assa’ bri- 1 Diar\i di M, Sanuto. — Tom. XII. gala andono a dormir, chi in barcha, chi in li orli, chi su li campi, dubitando non venisse iterum il terremoto e rumasse le caxe, com§ le’ in Candia dii 15 .., al tempo di sier Hirorimo Donado, dotor, e sier Piero Marzello, reclori, che ne morì assa’ persone, ma vene prima di notte, e questo è vegnudo de zorno; sì che ozi di altro non si parlava, si non di lerramoto. De statuis quatuor regum, quce terrcemotu e 38 pinnaculo templi divi Marci ccciderunt: interlocutores hospes et francus. Hospes. Cur soli reges tempio cecidere superbo et divus sacra Marcus in arce stetit ? Fr. Tanta fuit quondam regum conjunctio amoris cum venetis, tantum etfcedus amicitice, Jusserit ut propria graturn super cede senatum illorum statuas ponere belligeras ; Ast ubi perfidia in venetos cognovit abuti, depulit e tempio, pellet et Italia. Hospes. Cur quoque magnanima cecidit virtutis imago in quo sua reliquce sede stetere dece .* Fr. Hate cecidit, quoniam reges sub robore cujus sperabant venetos subdere posse jugo Ut quod ejus casu proprias amitìere vires, scirent, et voto se caruisse suo; At reliquo tempio stabiles mansere sub ipso, quod venetum semper regna manenda putant. Hospes. Cur Deus hanc terrcemotu modo terruit urbem, meenia cumque gravi contremuere solo .* ' Fr. Id monuit venetos, sibi quod victoria magna e ccelo exhibita est, quodque triumphus adest: Nonne suum tali signo Deus ipse tropheum cedidit, et victor prosilit e tumulo ? Omnia sic jubeantpia numina, Christusatipse imperet imprimis, ut tua musa canit. Soneto fato per il terramoto. Hora si vede apertamente al mondo Se con ogni ragion lo roy de Fr?nza Dovea Venetia con la spada e lanza Gazarlo fuor dii bel giardini jocondo. Svegliato ha Dio nel ciel Julio secondo, Nemicho a’ galli et a la sua possanza, Che spesso apogia in sul pugno la guanza, Pensando il modo de mandarlo al fondo. Et oggi undece e mille e cinquecento, A’ vintisie di marzo è facto exempio Vero prodigio il tremar di la terra: Dal gram tremoto, che ha esdrupato e spento L’arme di Franza, e ’1 re dal nostro tempio. Principio buono a seguitar la guerra, se justicia non erra, • 0