309 inmix, maggio 310 201 Copia di una lettera di Zuan Negro secretario di V orator Navaier in Trama, data a Bles, a li 2 di Maggio 1529. Reverendo padre carissimo et observandis- simo. Non so che principio mettermi a scriver quello ve scriverò per le presente, vinto da tanto cordoglio et passione ch'io sento et dal travaglio et fastidio nel qual mi alrovo, pur mi sforzerò di scriverlo, ancorché le lachrime da ogni parie me so-prabondino. Saperete come a li 23 del passalo, si-come per Venturino ve scrissi, vene un poco di febre al mio clarissimo oratore, qual giudicavano non fosse per esser di momento, ma nel quarlo giorno li vene sì terribile et grande che non si potria dir maggiore, et fu continua, dove credevamo fusse doppia terzana. Nel dillo giorno quarlo la orina comenzó ad esser molto bruta et subiugale, per dir al modo la chiamano i medici, et ha duralo fin hoggi così (risia, et dura di mal in peggio. 11 séptimo fu pegiore del quarlo, con accidenti et rabie che venivano a sua signoria grandissime ; lo oclavo di se li scoprirono le petechie, qual medici chiamano morbelli, i qual medici sempre haveano ditto per manzi che questa febre era pestilenliale, et dal settimo fin hoggi eh’ é il decimo ha passato molto male, et per dirvi il vero li medici non ne hanno speranza alcuna, et dubitano che a la più longa morirà ne la quartadecima, che sarà zobia. El nostro Signor Dio ne mostrerà qualche miracolo per sua infinita bontà et misericordia. Li medici che si hanno sono dui excellenlissimi, ambi del re Chistianissimo, dati da Sua Maestà, uno italiano et P altro francese, i quali stanno in casa con noi per esser pronti ad ogni bisogno, lo non so come re alcuno nè principe potesse esser sta aiteso, el lì fusse atteso più che mai meglio di quello si fa a questo sì degno et raro gentilhomo ; non se li ha mancato nè se li mancherà in punto alcuno dì et notte, et messier Piero et io, et mesier Panphilo di Strasoldo insieme cum li medici, eliam lutti li servitori, siamo quasi fuor di noi, non cessando nè ha-vendo cessato dì et notte di governarlo et starli as-201« sidui intorno, et cussi habbiamo deliberato di continuare fin a P ultimo punto, anchor che si veda el male contagioso, come ripeto, et che dui servitori ne siano già amalati; non però che si veda dal male suo de le petechie, fin qui. Noi altri che di continuo lodiamo sua signoria, da poi che se li hanno disco- perle le petechie, habbiamo tolto alcuni remedi conira questo ridale pestilenliale, el non pensatilo punto in questo se non in servir sua signoria, qual tno* veria a compassione i saxi non che persone humane, vedendo quanto gran male ha et quanto travaglio, et come la natura sua gagliarda si voria defendero et aiutare, pur non si vede miglioramento alcuno, et la virtù andar mancando, se il noslro Signor Dio, come ho ditto, per sua misericordia non mostrasse qualche miracolo. Sua signoria s’è confessala et comunicata et con la Maestà divina sta benissimo. Si ha fato verso sua signoria et usalo et continuasi a fare tulli li remedi possibili, et mandato in diversi loci per diverse medicine, et il re Christianissimo et la Serenissima madama ne ha dato tulle quello cose che le sono stà richieste, et ne hanno una pas-sion grandissima di questa cosa, sì che concludo che se fusseno qui lutti li medici el allre persone del mondo a servir sua signoria non banano pos-suto far più, né continuar a far, di quello si è fallo et fassi, anchor che siamo in periculo grande per esser il male contagioso et venenoso, come benissimo sapete. Non ho voluto restar di farvi la 'presente, spazando questa notte il clarissimo Justiniano, sicome mi ha scrito, il Canale da Ambruosa, dove é il re con la corte, aziò sapiale il tulio, et in che termine et con quanti travagli pensiate eh’ io mi atrovi. Venendo il caso di la morte, che Dio non vogli, io non so che mi faria. Non so più che dirvi superato da tanta passione nella qual mi atrovo, considerando si perdemo questo homo che é degno senatore, eh’è virtuosa persona, che é homo compilo di ogni cosa, cosa si perde, et quanto danno ne ha a ricevere sì il publico come il privato. Pregate et fate pregare Dio per me povero sventurato, et molto mi ricomando. De Bles, a li 2 di Magio 1529. A tergo: Al mio honorandissimo et obscr-vandissimo padre mesier Antonio Negro in Ve-nelia. A di IO. La malina. Vene Zuan Mato corier di Pranza con lettere di sier Sebastian Justi-nian el cavalier orator nostro, date in Am-bosa di primo, di 2 di V instante le ultime. Scrive di la malalia di sier Andrea Navaier suo colega, la qual principiò da stracho, per esser venuto a staffeta a dì 21 del passato, et è andato pe-zorando, ita che per lettere baule quel zorno da Bles slava in grandissimo pericolo di morte eie.