- 70 - Una forza unica premeva sotto quest'oscure, croniche ribellioni che insanguinarono dal 1909 al ’12 gran parte dell’Alta Albania, sollevando il facile riso di chi non sapeva far altro che esclamare con sufficenza: solite primavere balcaniche!..., ma apparendo sintomo ad occhi più avveduti d’un profondo mutamento che andava elaborandosi dentro le viscere della vicina storia orientale. In quelle dimenticate richieste di notabili, in quell'anonima guerra senza un eroe e senza una vittoria, salvo forse per la leggenda popolare che trasfigurò uomini ed episodi, in quei dolori ed in quelle stragi non viste, c’è pur qualcosa che merita di non essere seppellito nella dimenticanza o confuso con l'ignara ribellione d’ogni gente primitiva a nuovi e più civili ordinamenti. Sarebbe infatti dar prova di una miopia fenomenale il non voler scorgere un po’ più dentro alle numerose rivolte locali che si avvicendarono per qualche anno or qua or là in tutta l’Albania, tanto (benché quasi sempre separatamente) fra la popolazione musulmana che fra quella cristiana, rivolte che segnano un crescendo di intensità, di estensione e di simultaneità; e non riconoscervi invece il sintomo di un malessere generalmente diffuso il quale non poteva più curarsi con rimedii locali e provvisorii. Si voleva certamente un po’ più di giustizia amministrativa e tributaria, dal momento che i montanari del rude acrocoro balcanico non potevano contribuire nella medesima misura dei fortunati contadini dell’Asia Minore, le cui tene già fertili vengon messe ogni giorno più in valore dalla crescente rete ferroviaria. E non bisognava neanche dimenticare che 1’ unica regione europea dove non si stendesse un chilometro di strada ferrata era precisamente 1’ Albania, benché le calte della penisola balcanica ne recassero da trent’ anni nu-