27 :> MCCCCC1I, GIUGNO. 274 In questi giorni, a dì 1), in quaranti» criminal et do zivil, a l’octavo conseio, fu absolto sier Hironimo Boldù, quondam sier Andrea, fo consier in Candia, intromesso per sier Lucha Trun, fo synico in Levante; e bave di non procieder balote 70. Seguendo, nel conseio di X con la zonta, a voler redur la cita di Cremona al pacifico stado soto la Signoria nostra, in questi giorni fono proclamati 7 cremonesi rebeli, et, non comparsi, fonno posti in exilio : videlicct, do in Cypro, uno a Nicosia e Fa-magosta, do in Candia et Cania, tre in Dalmafia, se-perati 1’ uno di 1’ altro ; et che in termino di uno mexe debino obedir e andar al confin, in pena di confiscation di tutti soi beni, con tuia ducati 300 per uno ; e venendo in le forze, non ubedendo, che siano decapitati. A dì 18. In quarantia criminal fo menato, per li avogadori, sier Zuan Francesco Polanì, quondam sier Jacomo, per haver ferito in Rialto sier Zuan Foscarini, quondam sier Nicolò, videlicct che ’1 compia uno anno in prexon, et pagi lire 500 a l’avo-garia. Et sier Zuan Morexini, electo duella di Candia la 2.a volta, tandem si partì con uno arsii, con provisionali e monition per Candia ; et perchè, per le-tere di Cataro, si ave avisi, turchi doveano venir lì, li fo comandato, debi andar con la galia in ditto Iodio e ivi presentarsi, e, bisognando, metta in terra li provisionati, monition e artilaric havia. A dì 23 ditto. Vene nuova, come pisani, per non ritornar soto fiorentini, se volevano dar al ducila Valentino, et li era nitrato pressidio dentro. Et il re di Franza, si dice, ajuterà fiorentini, per averli in protettone. Et a dì dito vene letere, come il ducha Valentino havia tolto il stato dii ducha de Urbin, per tralato, a questo modo. Che uno Piero Antonio de Urbino, familiar dii duca Guido Ubaldo, e suo intimo amico, qual era in amititia grande con Valentino, e’ sape persuader a ditto ducha di Urbin, da parte di Valentino, che ’1 ge prestasse le sue artilarie, con le qual difendeva el suo stato, che di quelle fenzeva averne bisogno ; et esso ducha, oltra l’honor grande fece a la sorda, madona Lugrecia, che andò a Ferara, etiam fu contento servirlo, e senza altro respeto gele prestò. E questo fece, per confirmarsi in gratia con Valentino, acciò non li desse impazo al suo stado. Poi ditto Valentino, per il mezo dii prelato Piero Antonio, li dimandò ge prestasse le so zente d’arme a cavalo e fantarie, perchè non ha-veva potente exercito, a far quello voleva. Et disse- 1 DiariTdi M. Sanuto — Tom. IV. li : Ducha, tu è amico dii papa e di Valentino e di venitiani, niun ardirà offender el luo stato, e tanto più serai grato a Valentino ; sì che poi darli ditto zente liberamente ; et cussi esso ducha, a bona le’, gele dete. Poi ge domandò facesse el servicio compi-do, che esso Valentino non pode star a la campagna senza vituarie ; e: Da poi che tu li ha (latto 1’ artilarie e gente d’ arme tue, dali etiam le vituarie ; e cussi ge le dete tute biave bave in monition. Ultimo loco li disse; Senza el tuo socorsso Valentino non puoi operar 0, nè cossa degna in Romagna, se non li dai el passo de Cai. Et al ducha Guido parse dura cossa questa dimanda, perchè, datoli il passo, era poi in sua libertà venir su le porte de Urbino a Valentino, quando li piaceva ; tanien, persuaso, et chome ciecho dii mal li vene, ge concesse el passo de Cai senza la terra. E cussi tuta via co-menzono a passar le gente de Valentino, hora 500, bora 000 a la bota, per modo che la note questi se aproximorono a Urbino. L’ bordine era dato con Piero Antonio, che quatro citadini tolesse la porta ; e cussi per quella fo introduto le gente di Valentino in Urbin, et corssi messeno a sacho el palazo. In questo mezo, el ducha Guido, vedendossi atradito, intrato in castello, fuzite fuori per la [torta dii soc-corsso, et vene a uno castello, nominato San Leo, dove havia posto il suo meio. E quel castelan non lo acceptò ; in modo che ’1 povero signor convene fuzer in zipoli, et vene batando con alcuni soi fide-lissimi a Castel Nuovo, su quel di Ravena, lontan eli Ravena mia X ; e quel castelan scrìsse a li rectori di Ravena di tal venuta. I qual ge rescrisseno, come timorosi, non far movesta senza il voler di la Signoria nostra, che lo licentiase ; e subito spazono tal aviso de qui a la Signoria. Et inteso questo, tutti ave molto a mal ; e li foscrito per coleio, che si lia-veano mal portado a licentiar quel ducha, qual era nostro zentilomo e za nostro governador et fìdelis-simo ricomandato nostro, però li scrivesseno fusse el ben venuto a Ravena et lo aceptaseno. E da poi disnar, in conseio di X ìterum fo preso, di scriver a ditti rectori letera di fuogo, che male fecerunt a licentiar el prefato ducha, e che non doveano re-sponder al castelan, se prima non haveano il voler nostro.. Et in questo mezo el prefato ducha, visto non esser sta ricollo a Ravena, tolse la via di Man-toa da suo cugnato, dove la moglie, madona —, so-rela dii marchese di Mantoa, ivi za più mexi se ritrovava. Erano rectori a Ravena tunc, podestà sier Vincivera Zorzi et capetanio sier Francesco Venier. Or questa novità di tuor tal stato proditorie per il 18