m acceca, gens ua m stiano, c il capello per difensione di la propria persona. Lecta la lei,era pubicamente, el signore don Alfonso andò a ingioneeharsi a l’aliare. Il prefato episcopo, ditte alcune oratione, gli pose in capo uno capelo de voluto beretino, con uno razo in cima di perle minute, un friso intorno de oro tirato, incro-sato, e pendente gioso in forma de stola, fodrato de armelini con le code pendente; et in mano gli pose una spata, guarnita assai deliamente de oro. Il che facto, et stato cossi per uno [»co di spacio, ge le levò. Dove lui, levatossi in pie’, chiamò a se mis-sier Julio Taxone, il qual tolse in mano la spata, sopra la ponla di la qual era il capello, et, aviatosi inaliti, a sono di trombete andorno a desnare. 107 ' Doppo il desnare, madama marchesana, vestita de una vjsta a la franzese de velato negro, fodrala de raso cremesino, tutta tagliata e ligata a stringe de oro liatuto, denanzi abotonata de baiassi; et in testa una seulia de certe liste de oro, con dentro ligate alcune prede e perle; al collo una filza de perle et una stringa de oro, acompagnata da li fratelli et da la duchessa de Urbino, vestita de una vesta de voluto negro, recamata de oro spessa, et simelmente conza la testa e il collo, con galla andò a levare de camera la sposa, la qual, vestita de una vesta a la francesa de raso morello, listata tutta a spina [lesse do oro tirato, le liste largo dua dita, havendo in testa una scuffia e lenza mollo azoielata, con uno vezo al collo di gran precio, acompagnorno suso la sala grande, et ivi ballato per spazio de due hore. La sposa con una sua donzella baiò alcune basse a la francese, con gran galla. A le ‘23 boro e meza si andò al spectaculo del Miles gloriosus, comedia de Plauto, qual durò fin a le 5 hore di nocte, cum intermedio de tre moresche. Ne la prima ussì Amore, e, passeggiando e saetando per la scena, recitò alcuni versi. Dietro gli uscirno 12 homeni, coperti do stagnolo, (aliati, carichi de candeloti accesi, con spochi, in testa uno ballone forato, et cossi in inano pur pieni de candeloti, che fu bel spectaculo. La secunda fu de’ bechi, quali scornegiando, andavano per la scena saltando, con il capraro dietro. La 3.“ fu de fanti in zuppone de brochato d’ oro et ar-zento, con calze tutte a una livrea, bianche e rosse, et berote in tosta de voluto negro con penne bianche, dentro una capitiate postiza, con dardi in inailo e pugnaleti al fianco. Quali, con li dardi prima, poi con li pugnaleti, andavano per la scena scherzando insieme, balenilo sempre il tempo; et così, finita questa, andò ogniuno a cena. 11 seguente giorno poi, che fu a’ 7, a vinliuna hora, se redusero al spectaculo de’dui homeni d’arme coni baienti, che haveano havuto il campo sopra la piaza, inanli al domo di Ferara. L’uno di quali è aliovo dii marchese di Mantua, nominato Vicino da Imola, l’altro Aldrovrandino Piatese da Bologna; quali, coiiilucti, al terzo sono de la trombeta spro-norno li loro cavalli. Vicino, che era dal capo del palazo di la Itasone, incontrò la lanza nel spalazo di Aldovrandino, che venca da l’altro capo, verso le bólete, et gelo zotò via; dove, zetate le lanze a terra, cominziorno ad operare li slocbi. Essendo caduto inadvertentemerìte Aldovrandino, corendo la lanza, quello stocho nudo, che tenea ne le mane de la brilla, Vicino con il suo dete due gran ferite al cavalo del nemico, una nel collo, l’altra ne la spalla. Aldovrandino, manegiando l’altro stocho, li ruppe la pun- 108 la, operandolo da po’ un pezeto cossi senza essersene accorto. Poi prese la maza, e, quella ancor in breve spazio persa, tolse el pugnaleto subito, et con osso andava voltegiando por il stechato. Vecino Io seguiva animosamente sempre col stocho, investigando li loci aperti ad ferirlo ; et cossi lo tochò in una mane. In questo instanti il cavallo del suo nemico, vinto da le due ferito datoli, andava manchando, talmente che, senza dubbio, 1’ harebbe o preso o morto, se il signore ducha di Ferara, qual ha vea reservato in se l’arbitrio di spartirli a sua posta, non li Iacea stachare. Il che facto, Aldovrandino senza resister troppo fu il primo a salir da cavallo. Vicino con gridi infiniti de Turco ! Turco ! andava voltegiando per il stechato a cavallo, e 1’ adversario suo andava mostrando il stocho rotto; et cossi questo duello, durato por spacio di una bora, si finì, reservatosi il signore ducha in pedo la sententia Ira loro. Partiti da questo spectaculo, andorno a quello de la comedia di Plauto, nominata Asinaria, la qual fu bella e delectevole. Li inframezi di essa notabili fumo: prima X homeni salvatici, quali corseno et sallomo un pezo [ter la scena spaventosamente, poi, sentito sonare il corno, dubitando de’ cani et caziatori, sé im-boscorno; et stando in aguaito videno ussire conioli, quali seguirno con bastoni amazandoli et piliandoli. Sentito un’ altra volta il corno si ascosero, et visti ussire deppo’ caprioli e camoze ussilero ancor loro, cazando con li bastoni et pigliandoli. Al tercio sono dii corno ritornorno in la selva ; a la ussita de una panthera et uno leone le seguitorno con li bastoni, et, defendendosi li animali molto gaiardamente, al-fin restorno [»resi, et ligatoli con gran plauso, saltando se redusero da uno capo de la scena tutti diece in uno Impello; 4 de li quali, con li brazi congionli