— 116 — avrebbe facilitato e abbreviato di gran lunga la guerra ed abbandonò perfino il blocco di quelle coste. All’apertura delle ostilità i suoi diplomatici nelle capitali balcaniche facevano sentire alta la loro diffida da ogni azione comune contro la Turchia. Il governo che aveva fermato nel 1911 i carichi d’armi diretti agli insorti ed acquistati coi loro danari, non intese nel 1912 la grande utilità che per esso avrebbe avuto dirigere oltre Adriatico una parte di quelle armi, munizioni ed ufficiali inutilmente sprecati nell’Jemen a vantaggio di Idriss. Non così l’Austria; e mentre noi sequestravamo ad Ancona altre armi, essa lasciava spedirne dalla casa Gasser di Vienna e da quella Angelini e Bernardon di Trieste. Suoi emissarii recavano somme di denaro ad Issa Bolietinaz e vi son dei giornalisti italiani che potrebbero farne testimonianza. Così nell’ora della firma del trattato di pace che le ostilità balcaniche anticiparono, pur lasciandolo involuto di confusioni, l’Italia ufficiale volle astenersi dall’appoggiare la loro mossa. Ciò che avrebbe potuto autorizzarla a far sentire ben altrimenti chiara la propria voce nell'ora della spartizione, per un migliore assetto delle cose albanesi. A torto o con ragione, in quel momento pieno d’incertezze preferì stringersi più da vicino all’Austria rinnovando anticipatamente la Triplice. Fu probabilmente in quest’occasione che l’accordo relativo all’Albania veniva perfezionato, collo studio dei particolari relativi alla costituzione di essa in stato autonomo e probabilmente coll’aggiunta di una clausola segreta la quale stabiliva mano libera alle due potenze dentro due zone d’influenza limitate dallo Scombi, in caso di ostacoli impreveduti. Solidali in quest’accordo, le due potenze adriatiche ottenevano senza indugio dalla Conferenza internazionale di Lon-