Gl MDXXIX, LUGLIO. 62 Copia di una lettera scritta per Francesco Gentile et Angustino di Celli da Norcia, a li 8 lujo 1529, al signor Malatesta Ba-glione. Illustrissimo signor et patron nostro singultissimo. In questa hora havemo ad viso che li lanzineeh sono venuti in Aquila, et so parla pubicamente venirsene a la volta nostra, et a la volta di Perosa insieme con le genti di Sciarra, sichè, signor nostro illustrissimo, el ci bisogna star sopra di noi. Pregamo vostra signoria non ce voglia mancare, et venendo costoro a la volta nostra quella fazia quello die li par più espediente, et per quella et per noi altri, in lutto et per tutto ce ne rimettemo ad vostra signoria illustrissima. Noi siamo deliberali resister, se fossero diece volte altretanti, et tanto più staremo de bona voglia voluntieri, quando havemo il favor di quella, qual al presente se ritrova armato et bene a ordine de fanti et cavalli. Venendo costoro a la volta nostra, potrà subito expedir el soccorso, et so ad quella fosse comodità imprestare doi some di moschetti, per una volta, non ce potria far maggior piacer, ne havemo grandissimo bisogno, et se quella haverà comodità di mandarle, li piacerà mandarle subito. Et de quanto succederà de qui, tutto el faremo intender ad vostra signoria illustrissima, a la quale di continuo si raccomandiamo. Copia di una lettera scritta per il conte Sforza, di 9 luio, al preditto signor Malatesta. Illustrissimo signore et patrone honorando. Al presente sono tornati certi de li nostri de Assisi, quali erano con li-imperiali, et dicono qualmente li lanzi da 5000 et 200 cavalli si dovriano trovar l’altra sera a Pizote et a Monlereale, et a la posta si faceva gran preparamento de allogia-menti, et stimavasi che a questa hora dovesseno esser a Norcia, perchè fanno grande giornate, et in doi dì havevano latto da 50 miglia. Sichè vostra signoria intende il tutto. Advisi quanto habbiamo ad fare, et de la rocheta se si ha da finir overo no et di quel tanto se ne habbia de essa a fare. Non altro. In Ascisi questi compagni del capitanio Be-lardino stanno di mala voglia, per non esser pagati, et pensomi che se fosse abisogno, si rnuleriano forsi di proposito. El a vostra signoria mi raccomando. Copia di una lettera da Camerino di 9 luio, scritta per il conte Julio di Monteudeno a la duchessa di Urbino. Illustrissima et exceUenlissimj signora et patrona mia observandissima. Hoggi ho hauto adviso da diverse persone, che per cerio li lanzineeh sono arrivati in quel di l’Aquila, et cimi essi cerca 700 fanti di Sarra Colonna, et dicesi fra loro che vengono a la volta di Perosa et Fiorenza, el minaza ancora al stalo di 35 vostra excellenlia. El benché io mi renda certissimo che quella sia beneavisala di tulli questi andamenti da altri, nientedimeno ho voluto ancor io per far parie del debito mio raguagliarla di quanto ho inteso, et il simile farò ogni volta mi occorrerà de intender cose degne de aviso, pregandola che oe-corendole bisogno alcuno, che Dio noi voglia, se degni comandarmi, che desidero mostrarli quanto sori servitore ad essa et al signor duca, exponendo la vita el ciò che ho in servitio loro. La illustrissima signora duchessa di Camerino, martedì, partite de Roma et venne a Castelnovo, el essendose sentita in quella notte alquanto indisposta, non volse partire il dì seguente de lì, anzi maudò a Roma per una letica, el penso che se’l mercordì se sarà sentita male, forsi sarà tornata a Roma a curarse, se no domani aspetto che la vengi nel piano di Serra-valle, secondo 1’ ordine haveva dato. Altro non ho per adesso da avisar a la excellentia vostra, a la quale, basandoli la qwno, humilmente mi raccomando. In Camerino a li 9 di luio 1529. Summario di una lettera del duca di Urbino 36') capitano generai nostro, da Cassan, di 11 luio 1529, scritta al suo orator qui. Come li manda la copia di la lettera che li scrive da Lodi l’orator Venier, di 10: che par il duca de Milano non voi mandarli le sue zenle, el si scusa che inimici sono a Enzago, et fa il ponte su Adda a Trezo, et dubita i non voglino passar di là di Adda inimici et etiani il nostro campo, il che facendo, rimaneria abandonalo Santo Anzolo, et perso. Né li par di mandar gente in la Geradada» (1) La cavia 35* è bianca.