170 esternamente poi internamente, « ut cognita indigentia reparationis tempestive possit provideri. » E interessano i molti particolari scrupolosi della relazione che possono servire a ricostruire il passato, tanto nei nomi dei luoghi, come in quelli di alcune famiglie passate* e presenti. i< )T.">. Gervasutta e i suoi recenti scavi, memoria del professore Valentino Ostermann. (Negli Atti dell'Accademia di Udine pel triennio 1884-87, Serie ii, voi. vii [in corso di stampa], pag. 71 e segg.) — Udine, Doretti, 1H85; pp. 25, 8°. (R.O-B.) In questo importante lavoro l’Ostermann, discorrendo dei recenti scavi fatti alla Gervasutta, a un chilometro a mezzogiorno di Udine, espone l’opinione che l’onigine della città risalga ai tempi dell’impero romano. I più antichi ricordi della Gervasutta, chiamata nel medio evo Tabella Sancti Petri, risalgono al 1278, e molti se ne raccolgono in questa memoria, tratti da opere edite e da manoscritti. Li presso stettero nei primi tempi le monache benedettine, e dopo di esse i frati carmelitani che nel 1522 trasportarono il convento in borgo Aquileia. Gli oggetti romani ivi trovati nell’inverno 1884-85 furono laterizi, cocci, frammenti di vasi e poi tre olle os-suarie, anfore intiere o a frammenti, e un’urna cineraria, oggetti minori, e, che più importa, monete di bronzo di Augusto e di Claudio. Descritti questi, l’autore coglie l’opportunità per registrare gli altri ritrovi di oggetti romani fatti anteriormente in Udine e pur non accettando le scoperte che si sarebbero fatte fin dal 1517, registrato il primo sicuro ritrovo del 1709 fuori la porta di Pracchiuso, viene giù giù riferendoli tutti, fino ai più recenti. Passa poi in rassegna le opinioni varie sull’origine di Udine : le fatte scoperte e i nomi dei luoghi gli fanno accogliere, come si disse, un parere assai ragionevole e diverso da quello degli altri scrittori. In appendice alla presente memoria, l’Ostermann dà l’indicazione dei tesoretti rinvenuti in provincia: è un importante elenco, distinto in monete imperiali romane e medioevali, queste specialmente dei patriarchi di Aquileia e dei dogi di Venezia ; nel totale i pezzi son oltre 25mila e le scoperte, tranne una, risalgono soltanto al 1834. — Un riassunto di questa lettura fece G. Occioni-Bonaffons nel Giornale di Udine, 9 maggio 1885, n. 110.