n MCCCCLXXXXVIII, OTTOBRE. 74 dando marzocho, marzocho, etc. et fó consultato tra li savii quello si havesse a far, overo di seguir l’impresa di Bibiena, over la deliberation di penerei campo a Forli, la qual opinion el principe nostro molto discutiva. Et fo termina chiamar il consejo di pregadi, ozi che za era comenzà a sonar la campana per far gran consejo. Da Brexa di rechiti nostri, di 26. Come li 500 provisionati haveano posti a camino per Mantoa, et mandono alcuni avisi abuti dal conte Alvixe Avogaro di le cosse Iacea il ducha di Milan, qual prima si havea intese, et che dii tuor di quel loco dii Vescoa-do el ducha bava ditto non esser sta lui ma domino Francesco Bernardino Visconte, e mostrava esser malcontento. Dii conte Filippo di Rossi condulier nostro, era alozato ad Axoln di brexana, vene lettere drizate qui al suo canzelier, qual fono bete in coki/io. Come el ducha di Milan era venuto a Pavia con 200 homi-ni d’arme, e havia fato publichar a li parochiani per le chiesie che chi voleano danari andasseno dal ducha, li daria soldo ; el qual havia cavato di Lodi e Piasenza citadini e mandati a Milano ; et che inten-tendeva esso ducha si partiva e andava verso Parma. Vene Piero di Bibiena secretano de’ Medici, et mostro:' una lettera dii magnifico Piero che li come-leva dovesse dir a la Signoria nostra si mandasse li canoni verso Rimano, con barella, e non a Ravena, perchè sariano ivi più comodi. Et hessendo pregadi reduto, vene lettere di sier Nicolò Foscarini di Mantoa, di 27. Come havia rece-vuto li ducati 4800 li qual il signor non li havea voluti tuor, dicendo esser gramo haver tochato li 10 milia per non haver abuto il suo titolo, et voi prima che ’1 si movi siano sigilati li soi capitoli di la conduta e haver il suo titolo, et sia tolto il stato suo in protettone, perchè a questo modo come l'era .li paria esser un condutier: et che li 100 homim d’arme dati a suo fratello signor Zuanne non voleva me-ter a conio di la sua conduta ; et mostrava dolersi non si facea provision dii loco dii Vescoado toltoli per il duca di Milan, nè si vuol partir per dubito di perder il stalo. Che erano zonli 60 schiopetieri ale-mani, restava vegnir il resto fin 550 alemani, benché il re di romani havesse fato edili non venisseno, pur erano venuti. Jlem, erano zonti li do oratori pisani domino Pietro di San Cassano et Janozo Lanferduzi, (pialli solicitavano il signor andasse presto a soco-rerli ; et che li fanti voleano do page avanti si parlis-seno di Mantoa, et poi una, zonti che fosseno in campo. Or tutto il pregadi mormoroe dicendo era il vero costui esser in acordo, con Milano, tamen 29 speravano zonta che fusse la nostra lettera, li è sta scripta, di darli il litoio etc., non haverà più niuna scusa et si vedrà il tuto. Di Bergamo, di sier Polo Pixani cavalier et sier Antonio Bernardo doctor et cavalier, rectori nostri, di 26. Con la relatione di uno explorator mandato per quella fidelissima comunità a lhoro spexe. Narava come il ducha havia cavato di Parma 60 cijadmi di la parte di Rossi, et mandava passavolanti a Pontre-molo, forniva Vastalla, Castelnuovo e altri castelli per li qual dovea passar il marchexe di Mantoa per andar a Pisa. Item, mandono una lettera di 21 da Castelnuovo, scrita per uno Gasparo a domino Erasmo Triulzi, di alcune cosse li advisava, non però di molto momento. Fo chiamato el consejo di X in cheba, credo pei1 lezer qualche lettera a lhoro drezata, el steteno però podio eie. In questo consejo fo posto parte per li consejeri, cai di 40 el savii dii consejo e terra ferma, excepto uno di savii, di scriver ai provedadori in campo che parendo a lhoro dovesseno o tuor l’impresa di Forlì o andar a Bibiena, consigliato prima con il ducha di Urbin, Medici et altri condutieri nostri ; et fo gran di-sputatione. Opinion era di qualche uno di tuor ad ogni modo la dita imprexa per le raxon che sapientissime fono disputate, tamen andoe la parte et fu presa di largo, et fo expedìte le lettere che judicio meo il meglio era esser restati a l’impresa di Forlì che andar dove andòno, come dirò di soto ; ma el penlir tardo a chi più sa più spiace. Et è da saper era a Ravena uno signor Antonio Maria ^li Ordelafì, olim signor di Forlì, qual ha provisione da la Signoria nostra, el qual perhò non è quel liuomo si rechiede-deria. È maridato, ha la fiola di sier Etor Contarini per moglie, pur havea qualche partexano in Forlì, et nostri lo voleano meter in Signoria, caziando quella madona nimicissima nostra, la qual è di caxa sforce-scha fo fiola naturai dii ducha Galeazo, et moglie dii conte Hironimo de Riario, nepote di Sixto. Ancora fo posto, a tento le gran spexe bisognava far, una decima al monte nuovo, con. don di 4 per 100, et quelli barano pagato le do decime perse habino a raxon di 10 per cento di don : termine a pagarla per tutte li 15 noverribrio proximo; ave niuna non sincera, 47 di no, 134 di la parte, et fu presa. A dì 29 octubrio in colegio vene lettere di Ravena di 27. Quel podestà non lauda l’impresa di Forlì, et che a Forlì si facea •gran preparamenti e