511 Mccccixxxxvin, dicembre. 212 antica pace, |>oi per ben ili soi populi, acciò poteseno mercantar. Et fata la trieva predicta e pace, gran cosa sarà che la rompino più : perché prima la rezina è tutta francese, poi desiderano l’un e l’altro, perché questi soi principi fioli é morti, di viver in quieto et otio et goder il suo in pace. Et come esso orator havia zerchà lussarli ben edilicati di la Signoria nostra, che in verità quando andoe trovoe altramente perché credeano la Signoria si volesse insignorir di Pisa e di Taranto. Dii papa, mai parlono et lui imo schivava nominarlo, pur ultimale per quello ha fato Valenza parlono assai, dicendo di lui gran mal. Gol re di romani vivono in amor, ma l'ano poco conto e opinion di la sua persona. Dii ducha di Milan manchi), [ter esser indircele in quel sladOj nel dolose, pe-rhò poco lo stima, né se dolerano il re di Pranza lo togli. Etiam de’ fiorentini fano podio conto, ni voria la Signoria li rendesse Pisa; ben voriano la pace de Italia et li disseno: « Orator dirai a la Signoria non si fidi de’ francesi che li darà bone parole et non li atenderano niente, ma fa quella conferma à si il resto de Italia. » Cavalchoe perla Franza et vene a Milan a dì 5 di questo mexc ; el ducha con gran numero di cavali li andò contra a la porta, et gionto si alegroe di la valitudine di sua cxcellentia, qual rispose : « Magnifico orator, siete aliegro di uno bon fiol de la illustrissima Signoria. » Alo/.ò a l’hostaria dii Ppzo, e vo- 86 tendo andar da soa excellentia, mandoe domino Baiti isserà da Pusterla et domino Galeazo Visconte a dirli l’andasse la malina, eteussì andoe con sier »Marco Li-pomano, cavalier orator nostro. Era il ducha in una camera solo col castelam, il conte di Melz, domino Bortolo Galcho, et gionto lì, subito esso ducha co-mensò a dir: « Magnifico ambasator, io vi volea dimandar di le cosse di Spagna, ma vedendo perdessa-mo tempo, dirò quello mi par importa più, et son sta in gran pensier s’io debbo tacer o dirlo, pur lo voglio dir. Vui mi recomanderé a quella illustrissima Signoria, fiol aricordevolc di quello la mi ha fatto con me et al stalo mio ; et par sia venuto che pocho la mi stima, el è seguita certa alteration per le cosse di Pisa, ma io non son stato caxom, et son ben stato quello che per reconciliar ho fato mandar li oratori fiorentini andono a Venecia. Io non ho causa la Signoria mi debi extimar si pocho, e ho ditto a questo magni-. fico misier Marco una do e tre volte, scrivé a la Signoria che queste cosse di Pisa si aseti et usi 1* opera mia, mai ha voluto risponder : è vero, misier Marco? Rispose : signor si, non ho auto risposta,che P averia mostrà a la vostra excellentia. Or diteli io son per far ogni cosa che con honor lo possi far e tutavia che non mi torni danno, e quello ho fato di Pisa, è per dubito di le cosse mie per la vicinità ha con Zenoa, et se questo non fusse non me impazeria. flora che la cossa é posta nel ducha di Ferara et io ho fato che fiorentini ha mandato pieno mandato, ve-derò si la Signoria si risolverà in far questo mede-mo, et vien tramato cosse contra de mi. Credè, magnifico ambasador, a fe’ di vero signor, quando non potrò far altro, darò Zenoa al re di Franza et Milan a li electori de l’imperio, et sarano francesi et a-lemani in Italia. » Et questo mostrò dirlo con gran calore, dicendo : « Orbcn, la Signoria non mi stima, dice che son un homo da exequie; ve dico dite questo vi dico viva voce etc. » Rispose esso sier Dome-nego sapientissime: non credesse queste parole, etc. Poi il ducha disse : « La Signoria dice che l’à promesso la libertà di pisani di volontà di la liga ; non so quando mai ge la prometesse. » Et esso orator rispose : « Signor, el sdegno e la raxon son in tutto contrarie. » Et il ducha disse: « E s’il sdegno fossejusto? » Eteussì levati per partirsi con gran pioza loacompa-gnoe fino a la porla dii zardin, et veniva apresso di lui tutavia per parlar qual cossa di queste materie, larnen l’orator più volse intrar: et tolto combiato vene, etc. Item, li reali di Spagna li havia donato una vesta d’oro et do. mulle, et al .suo secretario Marco Antonio Zambon una vesta di veludo negro e una mulla, le qual cosse si presentarà jusla il solito : laudoe il secretano etc. Et il principe justa il consueto lo laudoe aversi ben portalo : et risposto a qualche parte rimessa a referir in pregadi, la qual il zorno seguente referì, et più cosse come etiam Dco adiuvanle scriverò, acciò s’intendi il tutto. Copia di una lettera scritta per li reali di Spagna 86 * a la Signoria nostra in yspagnolo., Muy illustre duque nostro, muy caro et muy amado amigo. Nos el rey e la reyna de Caslilla, de Leon, de Aragon, de Sicilia, de Grannada etc: Vos embiamos mucho a saludar, corno a quel che mucho amamos e preciamos, e paraquien querriamos que Dios diesse tanta vida, salud y honora, quanta vos mismo deseyas. Fazemos vos saber que micer Domingo Trivisano cavaliere y vostro embaxador le-vadose desta nos dixo que le aviades dado licentia para que se fuesse y assi ; el se va a vos con nuestra buena voluntad, al qual avemos fablado algunas cosas que, cl dirà. Afectuosamente vos rogamos quele de de enlera fe y creentia. Muy illustre duque nuostro,