253 MD1X, MAGGIO. doveria andar vestito d’oro, cliome fe’ missier Francesco Foscari, quando fo roto il campo nostro a Cha-ravazo, et non si meter il cao in le gambe, e atender a invalidir le forze et il campo, el qual non è roto, ma fugado; è mal di le artelarie perse et dii signor Bortolo, tamen per sua cagion, por esser fogoso, è sequito tal disordine. El fu presa questa letera a li provedadori, subito mandata. Fu posto, per li savij, elezer de presenti, con pena, do provedadori zenerali in campo, con li modi di questi, et parlino domati etc. ; presa. Et rimasono ' sier Pullo Capello, el cavalier, el sier Zorzi Emo. Et chiamati al serenissimo, il Gipello non vi era, ma l’Emo sì, el qual refudò e si scusò por esser dii cole-gio di le aque: fo rimesso a la matina, col collega, acetar la scusa. El tutta la terra si dolseno dii suo refudar e se ne pentirano. Et il scurlinio sarà qui soto posto. El nota, vetietio zoso a borre li di note in zerclia. Et mandono a Brexa ducati X milia, olirà assa’ danari è lì por la paga. È da saper, la corto di palazo era piena di patri-cij et altri venitiani, con grandissimo dolor, aspelando venir quelli di pregadi zoso, et intender qualche nova vera di campo, e come andò la cossa ; e voriano il signor Bortolo l'usse vivo. Et nota, im pregadi, secondo come zonzeano, miravano, et fo bon numero etc. Scur tinto di do provedadori in campo, con pena, justa la parte mo presa. • Sier Andrea Venier, fo capetanio a Padoa, quondam sier Lion. Sier Nicolò di Prioli,el governador di l’in-Irade, quondam sier Zuane. Refudò f Sier Pollo Capello, el cavalier, lo capetanio a Cremona, quondam sier Velor. Sier Christot'al .Moro, el consier, quondam sier Lorenzo. Sier Piero Duodo, el consier, quomlam sier Lucha. Refudò f Sier Zorzi Emo, savio dii consejo, quondam sier Zuan, cavalier. Sier Andrea Loredau, fo luogo tenente in la Patria, quondam sier Nicolò. Sior Hironimo Douado, dotor, fo consier, quoìidam sier Antonio, cavalier. Sier Piero Balbi, fo capitanio a Padoa, quondam sier Alvixe. Sior Alvixe Malipiero, el consier, quondam sier Jacomo. Sier Alvixe Zustignan, è di la zonta, quondam sier Marco. Non. Sier Domencgo Trivixan, el cavalier, pro-curator, savio dii consejo. Et nota, la parte fo messa di elezer questi do provedadori di ogni luogo et officio, et non disse di continuo oficio ; el perhò il Trivixan sopra nominato non fo balotato, per esser procurator di San Marcho. Et demente pregadi era suso, gìonse do barche di Padoa con li francesi, numero 7, presoni, fati venir di qui. Le qualle, arivale a la riva di palazo, Jo vidi a dismontar alcuni, con sajoni di veludo creme-xin lisladi d’oro. Et perchè erano venuti in mal’borra, e tutta la corte piena, fo fati ritornar im burella con la custodia Ihoro, et fata restar a San Zorzi Mazor fin al tardi, poi menati in Torisella, dove era sta preparato por llioro, et deputato la custodia et li danari da farli le spoxe per il consejo di X. E la matina fo mandati a visitarli per sier Antonio Condol-mer, savio a terra ferma, stato orator in Franza. Nolo. In questo zornoim pregadi parlò sier Pol- lo Barbo, procurator, e fe’ una bona renga, lacrimando, che ’I vede il mal ha a seguir a questo stado, et aricordò alcune provisiom etc. A dì 16, fo la vigilia di laSensa. In cologio 123 sier Pollo Capello, el cavalier, electo provedador in campo, refudoe, scusandossi per aver mal franzoso et esser cugnado di sier Zorzi Corner et esser dii consejo di X et sora le arlellarie e monition tutte di la Signoria. Et visto questo, fo gran remor in cole-gio, dicendo: Nui medomi non volemo andar a far i falli nostri ; e si doveria meter parte di confiscar li beni e lajarli la testa, in questi bisogni, a chi non va a servir la terra. El sier Antonio Trun, procurator, savio dii consejo, si offerse di andarvi lui. La qual cossa fo molto acepla a la terra, et biasmati questi do, che hanno refudato in tanto bisogno etc. Vene l’orator yspano, per il qual fo mandato, et il principe li disse la nova, con molte parole, che nui si ajutavemo gajardamente, el senza far falò d’arme siano sia roti, tamen che metessemo il campo nostro in bordine, e si fa ogni previsione ; et che, hes-sendo superati nui, non è bon per il suo re; et che scrivi a la soa majestà, che e ti am nui scriveremo etc. L’orator usò bone parole, dolendossi dii caso, et l'aria l’oficio in scriver al suo re. Vene l’orator di Ferara, per il qual fo mandato, et diloli la nova, mostrò a dolersi. Et il principe li disse eramo certi, che ’1 ducha si doleria, come nostro fio), e altre parole; el ohe faremo il campo im-